«Grazie per essere venuti nella nostra patria a combattere il fascismo». Non manca di sottolineare l’importanza di queste giornate di ottobre per la Spagna, Pablo Iglesias, nel giorno dell’investitura di Mariano Rajoy. Nell’ottobre del 1936, infatti, le Brigate Internazionali fermavano le armate dei generali golpisti di Francisco Franco a Madrid, che diventava così la capitale della resistenza europea. Nel suo discorso alle Cortes, Iglesias omaggia quei «combattenti per la democrazia e la libertà nel nostro Paese, che mi fanno sentire orgoglioso di essere spagnolo». Strappa un lungo applauso, beve un sorso d’acqua e prosegue: «Una tripla alleanza va a fare presidente il signor Mariano Rajoy. Questa investitura segna un prima e un dopo nella storia politica del nostro Paese. Il carattere storico di questa investitura è ovvio, ovvero che il Partito socialista va a fare presidente il candidato del Partito popolare, e rompe un punto fondamentale della nostra storia: i tradizionali schieramenti politici. Le parti, effettivamente, come diceva il signor Mariano Rajoy, potevano anche essere d’accordo su alcune posizioni come l’economia o le relazioni con l’Europa, ma rappresentavano culturalmente due mondi diversi. Questo oggi è finito».
A Rajoy dice: «Se in due anni e mezzo necessita del Psoe per governare, ha ragione a essere preoccupato». Ma è contro i socialisti che si scalda: «Signor Hernando ha portato qui la proiezione delle paure, ci ha detto che questo è solo un accordo di legislatura, ci ha detto che “siamo diversi, siamo diversi”, ma le consiglio una lettura… quella di George Lakoff, “Non pensare all’elefante!”». La battuta è sottile, il consiglio ai socialisti è quello di leggere lo studioso americano per colmare le carenze strategiche. In ogni confronto, secondo Lakoff, vince chi riesce a imporre il suo linguaggio. L’autore, linguista, cerca di spiegare alla sinistra (Usa) come far capire i propri valori all’elettore. E come provare a convincerlo. In Aula si ride, si provoca, si applaude. Ma il momento, ha ragione Iglesias, è forse il più serio degli ultimi decenni in Spagna. E lui affonda duro contro Hernando: «Le chiedo una cosa. Non macchiate la memoria dei vecchi socialisti. Mio nonno era uno di loro. Non vi paragonate a loro, perché con loro non avete niente a che vedere». E riserva una magra consolazione all’ex segretario dei socialisti: «Ci ha detto che il tempo le darà ragione, che è stata dura rinunciare al marxismo ma il tempo vi avrebbe dato ragione, che è stata dura la riconversione industriale ma il tempo vi avrebbe dato ragione… ha dimenticato di dire che è stata dura scavalcare Pedro Sanchez ma il tempo le darà ragione».
Oggi pomeriggio si tiene la prima votazione sulla fiducia, sabato 29 si terrà la seconda e il Psoe si asterrà. Dieci mesi di crisi politica, tre elezioni e un’infinità di carta stampata dopo, in Spagna torna a prendere le redini Mariano Rajoy. La Grande coalizione dell’austerità è tornata, alla sinistra spagnola – Podemos e Izquierda Unida – non resta che attrezzarsi per una grande opposizione. E Iglesias lo sa bene. Sul finire del suo intervento alza un polverone: «Ci sono più potenziali delinquenti in questa Camera che lì fuori, signorie». La presidente della Camera lo riprende, gli ricorda che deve rispetto all’onore dei deputati. Lui sorride beffardo: «Mi permetta di dirle che lo devo all’onore dei miei padri e dei cittadini di questo Paese e non a questa Camera». E poi chiude, «con una frase del primo socialista di Spagna che ha detto: “Merecer el odio de la oligarquía será la mayor de nuestras honras”». Meritare l’odio delle oligarchie sarà il nostro più grande onore.