Nino Di Matteo ha rifiutato l’offerta del Consiglio superiore della magistratura di un trasferimento lontano da Palermo per motivi di sicurezza. Non andrà alla Direziona Nazionale Antimafia che gli è stata proposta per facilitare (secondo la discutibile decisione del Csm) la sua protezione.
«Non sono disponibile al trasferimento d’ufficio – ha detto il magistrato -. Accettare un trasferimento con una procedura straordinaria connessa solo a ragioni di sicurezza costituirebbe a mio avviso un segnale di resa personale ed istituzionale che non intendo dare».
Eppure Di Matteo aveva dalla sua parte parecchi buoni (e utili) motivi per accettare: la Direzione Nazionale Antimafia è il ruolo che ha cercato a lungo (una volta è stato bocciato e poi la sua domanda è stata respinta per un vizio di forma), il processo sulla trattativa continua a essere l’obiettivo degli strali di una parte politica folta e trasversale, i mascariatori professionisti lo accusano sottovoce di rischiare poco poiché non è ancora morto e la mafia si gode l’isolamento del magistrato che la rincorre.
Qui da noi funzioni solo se fai antimafia con le figurine dei boss da dare in pasto ai giornali e alla gente. Se solo provi a toccare la complessità di un fenomeno che (citando Gratteri) riesce a entrare nella politica con la stessa facilità di una lama nel burro allora diventi subito troppo intraprendente, antipatico, visionario o fissato. Chissà che ne dicono Falcone e Borsellino guardando un Paese che commemora senza memoria.
Lui, Di Matteo, invece ha deciso ancora di prendere la strada più tortuosa. Si resta, per lottare. È la frase che ho ascoltato decine di volte dai testimoni di giustizia che chiedono di non scomparire per legge ma di vivere in un Paese in scompaiano i mafiosi; è la stessa frase che disse Borsellino con gli occhi umidi parlando della sua Palermo. E chissà come l’ha spiegato alla famiglia, Di Matteo, chissà come ha sorriso quando si è accorto che ogni tanto le situazioni si incastrano perfettamente per rendere inoffensiva una testa scomoda facendogli credere che gli si stia facendo un piacere. Stiamoci anche noi, magari.
Buon martedì.