«Sono caduti molti tabù in questo anno. La gente parla, non c’è più reticenza e ci sono molte iniziative dal basso. Io tendo sempre a vedere il bicchiere mezzo pieno, ma questo è un risultato positivo, anche se a livello più generale si sarebbe dovuto fare di più». Annalisa Gadaleta commenta con Left l’anno trascorso dagli attentati a Parigi del 13 novembre 2015 che, oltre a fare 130 vittime, hanno sconvolto la vita di Molenbeek, comune di 97mila abitanti a pochi km dal centro di Bruxelles. Annalisa, immigrata qui dalla Puglia nel 1994, di Molenbeek è diventata assessore alla Cultura e all’istruzione, eletta per i Verdi. Da questa cittadina, detta Belgistan per il numero elevato di abitanti di fede musulmana, provenivano gli attentatori. E sempre qui, a marzo 2016 venne arrestato Salah Abdeslam, il terrorista sopravvissuto.
Dopo un anno abbiamo chiesto ad Annalisa Gadaleta che cosa è cambiato, la vita delle persone, il clima che si respira. Ricordavamo l’agitazione dei giorni di novembre quando l’avevamo chiamata a poche ore dalle perquisizioni delle forze dell’ordine alla ricerca di Abdeslam. Le scuole chiuse, le perquisizioni, donne e bambini terrorizzati di fronte agli uomini in divisa. «Adesso la parola si è liberata – dice -. La gente non ha più paura di parlare di radicalismo religioso, dell’influenza del salafismo». E cita come esempio un libro di un giovane imam di 28 anni, Khalid Benhaddou, che ha scritto Is dit nu de islam, tradotto in italiano È davvero questo l’Islam?. La presentazione sarà mercoledì 15 novembre a Molenbeek e Annalisa ci tiene a specificare che l’imam è un giovane cittadino fiammingo, dallo sguardo molto aperto, che parla in fiammingo anche nella moschea.
Anche Annalisa Gadaleta ha scritto un libro, insieme al sociologo italiano Leonardo Palmisano, Conversazione a Molenbeek, che sarà presentato il 1° dicembre. L’assessore in un post su Fb invita tutti i cittadini a partecipare per un dibattito sereno, e senza preconcetti. A Left racconta le conquiste quotidiane che hanno contribuito a cambiare un po’ il clima. «Un gruppo di donne che fa teatro adesso porterà in scena uno spettacolo su una madre che ha perso il proprio figlio combattente in Siria. Anche questo serve per discutere. Prima, per esempio, le madri non osavano porre domande sui figli che potevano essere attratti dal radicalismo islamico», continua Annalisa Gadaleta. Le scuole come le moschee, aggiunge, sono aperte al pubblico e nascono sempre più spesso momenti di discussione.
«Ma c’è qualcosa che non è stato fatto. Sì, il piano nazionale antiterrorismo, l’aumento di risorse per le forze dell’ordine di cui prima erano carenti, ma basta? La sicurezza non si ottiene solo con la repressione ma anche con la prevenzione», sottolinea l’assessore. Sarebbero stati necessari, dice, interventi più capillari a livello nazionale di collegamento con le associazioni, per l’istruzione, le politiche per la casa. «Insomma era necessaria una visione globale».
Alla fine, parlando del suo lavoro, ammette che «è stato un anno particolarmente duro». «La popolazione era iperstigmatizzata, dovevamo rassicurare le persone, specialmente dopo l’arresto di Abdeslam c’era il terrore». Nel colloquio con Palmisano, Annalisa suggerisce che la scuola va potenziata: bisogna ripensare l’istruzione, ripensare il welfare. Si comincia da qui a prevenire e quindi a estirpare i fenomeni di radicalismo.