Ma chi risponde di un Paese spaccato a metà sulla carta costituzionale come se fosse per una partita di calcio, un Paese stracciato come una riunione tra comari? Che ne dicono quelli che “la Carta Costituzionale deve unire e non dividere” e poi fingono di non vedere che la loro riforma si arrampica in una maggioranza parlamentare che ha avuto bisogno di recuperare il percoleato dell’umido in Senato e, comunque vada, sarà respinta o confermata da una risicata maggioranza?
Ci vuole il fisico per ritoccare la Costituzione: serve la capacità di guardare lontano e l’intelligenza di non cedere alla tentazione di diventarne testimonial. Comunque vada il 4 dicembre lo spirito costituente di chi credeva che le regole del gioco potessero essere modificate con una maggioranza larga e un lavoro di cucitura è già stato tradito. Se Renzi la smettesse di fare il Renzi forse potrebbe riconoscere che l’occasione s’è persa. Incontro, girando il Paese per i dibattiti sulla riforma, il rimpianto diffuso di chi crede che il capitale di speranza e l’occasione di allargare questa volta sia sembrata così vicina.
Avrebbe voluto essere Calamandrei, il premier, e invece sarà un riformatore stoppato o un riformatore risicato con comunque le macerie di un Paese che per anni s’è arrotolato sulla macchina piuttosto che cercare di consolidare un guida.
Mi diceva Dario Fo che i potenti quando non riescono a governare secondo le regole finiscono per diventare prepotenti cercando di allargarle per nascondere la propria incapacità di governo. È la favola del re nudo, è il travestimento per provare a galleggiare. Altro che Costituzione.
Buon venerdì.