«È il primo presidente della destra dura e pura al governo del Paese». Insieme a Horacio Verbitsky, firma di punta del giornalismo d'inchiesta latinoamericano, abbiamo tracciato un bilancio sulla Casa Rosada

È passato un anno dall’elezione dell’iperliberista Mauricio Macri alla presidenza in Argentina. Con lui, per la prima volta nella storia di questo Paese, un rappresentante della destra è al potere dopo aver vinto delle elezioni democratiche. Con quali conseguenze sul tessuto sociale di una nazione che non ha ancora del tutto assorbito i postumi della crisi economica di inizio millennio, e che sta ancora facendo i conti con gli anni bui della dittatura civico-militare?
Lo abbiamo chiesto a Horacio Verbitsky, firma di punta del giornalismo d’inchiesta latinoamericano. Dalle sue parole emerge un quadro socio-politico ed economico che ha sinistre analogie con un passato che la parte sana della società civile argentina pensava di non dover vivere mai più. Per l’occasione, dopo oltre tre anni Verbitsky torna a parlare sulla stampa italiana di papa Bergoglio e dei legami corrotti tra la Chiesa argentina e i militari.

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Scrivevo già per Avvenimenti ma sono diventato giornalista nel momento in cui è nato Left e da allora non l'ho mai mollato. Ho avuto anche la fortuna di pubblicare articoli e inchieste su altri periodici tra cui "MicroMega", "Critica liberale", "Sette", il settimanale uruguaiano "Brecha" e "Latinoamerica", la rivista di Gianni Minà. Nel web sono stato condirettore di Cronache Laiche e firmo un blog su MicroMega. Ad oggi ho pubblicato tre libri con L'Asino d'oro edizioni: Chiesa e pedofilia. Non lasciate che i pargoli vadano a loro (2010), Chiesa e pedofilia, il caso italiano (2014) e Figli rubati. L'Italia, la Chiesa e i desaparecidos (2015); e uno con Chiarelettere, insieme a Emanuela Provera: Giustizia divina (2018).