Secondo alcuni nuovi dati rilasciati dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (CEPCM), il 10 per cento cittadini greci ricoverati negli ospedali rischia di sviluppare infezioni all’interno delle strutture mediche stesse, mentre 3mila decessi sono già stati ascritti a questa causa.
A riguardo, parole pesanti sono state pronunciate da Michalis Giannakos, il Segretario della Federazione ellenica degli impiegati pubblici del settore ospedaliero: «Pazienti che sarebbero potuti sopravvivere, hanno perso la vita nel nome del raggiungimento dei target di bilancio […] I nostri ospedali sono diventati zone di guerra».
Insomma, l’Austerity uccide. E non è un modo di dire. Sebbene i dati del CEPCM facciano riferimento al biennio 2011-2012, secondo Giannakos il quadro si sarebbe addirittura «aggravato».
I sintomi dell’emergenza ospedaliera in Grecia? Mancanza di personale, infrastrutture fatiscenti, assenza di prodotti sanitari adeguati: «In media, abbiamo a disposizione un’infermiera ogni 40 pazienti», ha rincarato Giannakos, intervistato da Helena Smith per il The Guardian.
Dal 2009, secondo dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), il budget dedicato alla sanità pubblica è stato tagliato di un terzo e 25 mila impiegati sono stati licenziati. Nel 2016, sotto al governo Syriza, i tagli sarebbero arrivati a 350 milioni di euro.
Intanto, i dottori greci continuano a emigrare all’estero, aggravando di fatto la situazione della sanità pubblica e privata nel Paese ellenico. In pratica, le cattive condizioni del sistema sanitario creano un’ulteriore incentivo per cercare lavoro altrove. Con buona pace dei pazienti.
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