Lavoro e welfare. Cosa insegna l’esperienza greca? Ne discutiamo con Andreas Nefeloudis, segretario generale del ministero del Lavoro greco. Economista, nel novembre del 1974, appena maggiorenne è stato incarcerato dai Colonnelli nella terribile isola deserta di Gyaros per via della sua partecipazione nel coordinamento dell’occupazione del Politecnico di Atene, occupazione repressa con l’invasione dei carri armati. Nefeloudis ha seguito tutte le avventure e disavventure del comunismo democratico greco, dopo la dissoluzione del Partito Comunista, da Synaspismos fino a Syriza.
Il 25 gennaio 2015 Syriza e Alexis Tsipras vincevano le elezioni in Grecia. Cosa ha trovato Syriza quando siete arrivati al governo?
Quasi 200mila persone prendevano uno stipendio sotto ai 100 euro al mese, il mercato del lavoro era messo molto male, decine di migliaia di lavoratori rimanevano ancorati ad aziende chiuse ma non andate in fallimento in maniera da continuare a ricevere il sussidio di disoccupazione. C’erano persone che dopo 20 mesi senza stipendio e senza reddito non potevano avevano diritto al sussidio, il lavoro nero era arrivato a quota 20%, la disoccupazione ufficiale al 30% e grazie alla deregolamentazione completa i contratti a livello aziendale superavano quelli di categoria, per non parlare dell’abolizione dei contratti nazionali. Ogni datore di lavoro poteva denunciare gli accordi della sua categoria e disconoscere i relativi contratti. Per la prima volta in Grecia il ministro del Lavoro poteva decidere il livello di salario minimo senza consultazione o trattative tra le parti. Così i ministri del Lavoro di Pasok e Nuova Democrazia ne hanno approfittato per abbassarli in nome della “competitività” dell’economia greca. Intanto più di 2 milioni di greci erano rimasti senza assistenza sanitaria. In quegli anni, insomma, l’onda lunga delle politiche neoliberiste avviate negli anni 90 si è infranta sulla Grecia.
Da dove ha cominciato Syriza?
Per prima cosa abbiamo aperto le porte del ministero del Lavoro e del governo ai lavoratori, abbiamo imposto alle istituzioni di confrontarsi con le parti durante le trattative (già dall’accordo che abbiamo firmato a luglio 2015), gli stipendi devono essere il risultato della contrattazione tra lavoratori e imprenditori, non possono essere stabiliti per decreto governativo. Oggi non solo vogliamo ripristinare la contrattazione collettiva ma garantirla e per questo abbiamo formulato la nostro proposta di riforma costituzionale. La proposta di Alexis Tsipras prevede che la contrattazione collettiva e il salario minimo siano obbligatoriamente garantiti dalla contrattazione delle due parti.
La Grecia ha ancora un tasso occupazionale tra i peggiori dell’Ue, e quasi la metà della popolazione giovanile è disoccupata (48,3%). Sulle politiche del lavoro, quanto è cambiato in questi due anni?
Sì, la disoccupazione in Grecia è altissima al 22,8%, e non siamo certo fieri se ancora un greco su quattro non ha un lavoro dignitoso. Ma quando Syriza ha preso il governo sfiorava il 30%. Perciò abbiamo abbassato la soglia della disoccupazione, con più di 100mila posti di lavoro veri nel 2016.
Quali interventi siete riusciti a portare a termine?
Sapevi che in Grecia esistono due salari minimi? È un precedente che non esiste né in Europa né in nessun’altra parte, che stravolge ogni concetto di legalità e di giustizia sociale. Abbiamo un salario minimo di 586 euro per quelli che hanno più di 25 anni e un altro salario minimo per quelli che ne hanno di meno, che ammonta a 492 euro lordi. Una cosa inaudita, anticostituzionale, contro i diritti e fuori del buon senso. Noi prepariamo la abolizione di salario minimo per i giovani basandoci sui principi fondamentali di giustizia e di eguaglianza. La nostra è una grande battaglia aperta contro lo sfruttamento dei giovani, abbiamo intensificato i controlli e prepariamo una nuova legge per garantire loro diritti nei luoghi di lavoro, prevedendo anche severe sanzioni contro le imprese che utilizzano il lavoro nero.
A inizio settimana, l’Esm ha dato il via libera per l’alleggerimento del debito greco del 20%. Intanto, la ministra del Lavoro Efi Axtsioglou ha definito «inaccettabili» le richieste dell’Fmi sulle questioni del mercato del lavoro. Perché sono inaccettabili?
Il Fondo monetario internazionale vuole la completa liberalizzazione dei licenziamenti collettivi in Grecia, vuole che ogni datore di lavoro in Grecia possa licenziare quando e come vuole senza il minimo obbligo di controllo da parte delle istituzioni pubbliche. L’Fmi insiste per la completa deregolamentazione delle relazioni di lavoro, la liberalizzazione del mercato del lavoro e l’abolizione di tutta la rete di protezione delle libertà sindacali. Le sue proposte, deve esser chiaro, non possono essere accettate dalla società e dal governo greco. Su queste questioni il Fmi deve cambiare rotta. Per ciò che riguarda i licenziamenti collettivi noi proponiamo che resti la legislazione protettiva che abbiamo oggi, che è simile a molte altre in Europa. Il Tribunale Europeo ha dato ragione al nostro governo che insiste che deve esistere un’autorità pubblica che controlla i licenziamenti collettivi. Intanto, cerchiamo di creare una rete di alleanze in Europa per poter rivendicare e garantire i nostri diritti.
E Schäuble ha aperto alla possibilità di un intervento solo europeo – «L’Fmi non è fondamentale per salvare la Grecia», ha detto. È plausibile una soluzione alla Schäuble?
La proposta di Schäuble sembra anche una trappola, perché dice che nel caso che il Fmi non dovesse partecipare al programma della Grecia, sarebbe l’Esm ad assumersi la responsabilità dell’intervento, dopo un nuovo accordo e nuove misure di austerità. Due ipotesi che non potremmo accettare.
La ministra del Lavoro Efi Axtsioglou ha detto: «Abbiamo già avuto un surplus che ci ha dato l’opportunità di concedere dei benefici sociali». Quali forme di reddito minimo e quali misure di contrasto alla povertà avete introdotto?
Efi Axtsiogliou dice bene. Quello che abbiamo già fatto è stato dare la cosiddetta tredicesima a certe categorie di pensionati, a quelli con pensioni sotto gli 800 euro, restituendo a livello materiale e simbolico tutti i tagli che siamo stati costretti a fare alle pensioni. Mi spiego meglio: nel biennio 2016-2017 abbiamo tagliato 584 milioni di euro dalle pensioni più alte e con questa misura abbiamo dato ai pensionati 630 milioni, potendo restituire alle persone con le pensioni basse molto di più del taglio complessivo, nel dicembre del 2016. La nuova finanziaria per il 2017 prevede il sussidio sociale contro la povertà, già sperimentato in 30 comuni. Questa misura prevede un sussidio di 200 euro per ogni persona senza reddito o con redditi bassi, rilanciando con nuove forme i provvedimenti della prima legge del governo di Syriza, la cosiddetta “Legge contro la crisi umanitaria”. Adesso, con la finanziaria 2017, le persone che hanno bisogno potranno avere un sostegno per pagare l’affitto, corrente elettrica e acqua gratuita, tessera di trasporti gratuita per i disoccupati, tessera sociale per prendere alimenti di prima necessità dai supermercati e fondi per i vari sussidi famigliari. Non siamo stati fermi nemmeno un giorno nel combattere impoverimento e povertà, cerchiamo di allargare e migliorare servizi e aiuti materiali. Posso dire che il nostro governo è orgoglioso di non aver lasciato nemmeno una persona del nostro Paese senza assistenza sanitaria, compresi gli immigrati e i profughi.
Quello che in Grecia già puzza di vecchio, in Italia è nel fior fiore della gioventù: deregolamentazione, voucher, licenziamenti… come la vedete da Atene?
Il referendum contro i voucher in Italia mi sembra una grande vittoria del movimento sindacale, 3,3 milioni di firme raccolte sono un numero impressionante. Ed è una buona occasione per dirsi contrari alla sostituzione del lavoro vero con un atipico voucher. Il nostro governo non ha avuto il minimo dubbio e nella sua strategia intende abolire i voucher imposti dall’Europa. I governi europei – specialmente quelli con alti tassi di disoccupazione o di orientamento progressista – anche se sono costretti a sopportarli, devono stare molto attenti nell’applicare misure di deregolamentazione del lavoro, anzi devono spingere per l’abolizione dei voucher nel mercato di lavoro. In Grecia, intanto, su iniziativa delle nostra ministra del Lavoro, abbiamo abolito i voucher nei programmi del ministero e per qualsiasi cosa siamo in diretto contatto con i disoccupati. Il voucher non può sostituire né il salario minimo, né il lavoro occasionale. L’unica risposta alla disoccupazione è un lavoro vero, dignitoso, protetto e garantito per far prosperare le famiglie, la società e i nostri Paesi. Il governo di Alexis Tsipras in Grecia lavora in questa direzione.