«L’anniversario dei cinque anni dalla scomparsa di Antonio Tabucchi è diventato con grande spontaneità l’occasione per i suoi allievi, per i suoi amici, per ricordarlo», racconta Maurizio Boldrini, docente di giornalismo e nuovi media, fra i promotori della giornata di studi che si tiene oggi all’Università di Siena, in quell’ateneo «nel quale Antonio ha lasciato in maniera più incisiva ala sua impronta di docente e di studioso». Nei giorni scorsi altri incontri e convegni in onore dello scrittore e studioso di letteratura portoghese si sono tenuti a Firenze, a Genova e il 23 marzo a Vecchiano dove era nato ed era tornato a vivere, dopo aver lasciato l’amatissima Lisbona. «Tutte queste iniziative sono partite da un lavoro che un gruppo di giovani cineasti ha realizzato qualche tempo fa, ripercorrendo, appunto le vie dello scrittore. Poi il docu-film, Rua da Saudade 22», racconta Boldrini. Che poi è diventato un volume curato da Diego Perucci e Riccardo Greco: «Un volume che raccoglie le interviste rilasciate da alcune figure che sono state , per motivi differenti, molto vicine allo scrittore. L’elenco è eterogeneo, si va dai colleghi universitari agli artisti, dagli allievi di ambito accademico a quelli della sua “bottega letteraria”».
Col passare del tempo emerge con più chiarezza quanto Tabucchi, oltre a essere un abile narratore con romanzi di successo come Sostiene Pereria (Feltrinelli) e con saggi come Un baule pieno di gente (Feltrinelli) fosse stato anche uno sperimentatore di nuove forme narrative. Tanto da essere l’unico narratore compreso nel volume Canone 2030 (Enrico Damiani editore) in cui il critico Filippo La Porta, insieme ad altri, prova a immaginare quale sarà l’atlante della letteratura italiana del futuro. In questo libro, in particolare, è Giulio Ferroni a dedicare un saggio al poco convenzionale Tabucchi di Per Isabel, Un mandala uscito nel 2013.
«Ormai credo che gran parte della critica consideri Antonio Tabucchi comune un grande scrittore della seconda metà del Novecento europeo. Così innovativo che viene letto da miglia di giovani e nuovi lettori», commenta Maurizio Boldrini. «Innovativo sia per i temi che per la forma di scrittura. Anzi: le forme di scrittura. Ogni genere, dai racconti al romanzo, dalle scritture sociali alle lettere». Di questi aspetto innovatore parla oggi a Siena Paolo di Paolo che dello scrittore è stato amico ed è profondo conoscitore dell’intera sua opera. Insomma, sottolinea il giornalista e docente universitario senese: «Non si deve pensare che in queste giornate, la nostalgia per Tabucchi, o l’aneddoto personale, prevalga sul contributo scientifico, c’è l’affetto ma anche il rigore nelle testimonianze che ci ricordano l’impegno civile di Tabucchi in difesa della Costituzione o delle minoranze, il suo legame con i grandi intellettuali contemporanei, i suoi studi letterari, la genesi di alcune opere».
Antonio Tabucchi è stato un intellettuale appassionato e schietto nell’impegno. Un tipo di impegno oggi sempre più raro? «Sì, la sua radicalità non è inseribile dentro gli abituali schemi nei quali ci muoviamo», risponde Boldrini. «Era un azionista in un’Italia che ha sempre scansato le idee degli azionisti. Era un anarchico se c’era da difendere gli indifesi d’ogni genere e, al contempo, un sincero democratico al quale stavano molto a cuore le sorti delle nostre istituzioni. Se c’era una causa per la quale battersi lo trovavi sempre in fila, specie nelle lotte, non so, per la difesa dei rom o in quelle contro il degrado della politica e per la difesa della Costituzione. Scriveva questo sui giornali e su riviste come Micromega, firmava appelli e s’arrabbiava un bel po’ quando vedeva la decadenza culturale avanzare nel nostro Paese».
Ecco un estratto da Rue da Saudate 22 in cui Maurizio Boldrini racconta il leggendario incontro fra Tabucchi e Camilleri:
Mi è capitato di incontrare Camilleri, poiché d’estate si ritira sempre in un paesino dell’Amiata, Bagnolo, ormai da circa vent’anni, da quando faceva il regista e lavorava in Rai. Lo andai a intervistare, avevo deciso di fare una serata di ricordo di Antonio Tabucchi a un anno dalla scomparsa e andai convintissimo che i due fossero in stretto contatto. Avevano firmato appelli, naturalmente contro Berlusconi, sulla cultura italiana, scritto entrambi per Micromega e altre riviste, quindi andai proprio convinto di strappare una intervista, una testimonianza. Lui fu molto cortese, accettò, ma durante l’intervista scoprii che in realtà i due non si erano mai incontrati. E perché non si erano mai incontrati? Lui sostiene che la colpa era di Antonio Tabucchi, perché Tabucchi era un girovago, prendeva appuntamenti e non li rispettava, e lui invece è molto più stanziale, più fermo. Però, il loro rapporto è cresciuto nel corso di molti anni, dai tempi della Sellerio, per capirci, ed era un rapporto fatto di cartoline, le cartoline di Antonio appunto, che spediva dai vari paesi che girava e nelle quali diceva «ci incontriamo», oppure da telefonate nel cuore della notte in cui fissava appuntamenti che poi non venivano ovviamente rispettati. Di fatto, i due non si sono mai conosciuti. Partendo da questo, ovviamente con il vezzo tipico degli scrittori, ha abbinato il loro rapporto a quello inesistente che lo stesso Tabucchi aveva scritto, in un bellissimo e piccolo pamphlet, fra due grandi scrittori: Pessoa e Pirandello. Risulta ovviamente che Pirandello sia legato a Lisbona e da una cabina telefonica di quella città abbia provato a mettersi in contatto con Pessoa, ma non ci sia riuscito, oppure non si sa se non ci sia riuscito, oppure forse si sono incontrati e hanno discusso sugli eteronimi, non si sa. Tra Camilleri e Tabucchi era intercorso lo stesso rapporto che era intercorso tempo addietro tra Pessoa e Pirandello. Così era Antonio Tabucchi.