David Cameron passerà alla storia come il Primo ministro che ha permesso al Regno Unito di uscire dall’Unione europea. Eppure, durante la campagna ha puntato tutto sulla permanenza del suo Paese nell’Ue. A distanza di 9 mesi dalle dimissioni e dall’insediamento di Theresa May a Downing Street, il politico conservatore è tornato a parlare della Brexit.
Durante una visita in Ucraina, Cameron ha affermato: «Ho organizzato il referendum perché la questione stava avvelenando la politica britannica da troppo tempo. E ha aggiunto: «Il referendum era già stato promesso precedentemente», salvo ripensamenti della classe politica del Paese. È stato «giusto mantenere la parola data ai cittadini del Regno Unito».
Inoltre, sebbene abbia sostenuto la permanenza dello Uk nell’Unione durante la campagna referendaria, l’ex Primo ministro ha difeso Theresa May, la quale ormai sta assumendo posizioni sempre più severe rispetto alle negazioni: «Credo sia giusto che sia andata incontro alle aspettative del popolo». Poi, con uno sguardo al futuro ha affermato che «il Regno Unito non sta abbandonando né l’Europa, né i valori europei». E ha sottolineato che lo Uk ha tutto l’interesse a rimanere parte attiva nel quadro di una collaborazione inter-nazionale nel quadro delle politiche di sicurezza e cooperazione.
Alla ricerca di argomenti per spiegare la scelta del popolo britannico, Cameron ha ammesso che «i cittadini del Regno Unito hanno sempre avuto un’attitudine scettica nei confronti dell’Unione». Londra è sempre rimasta nell’Ue per ragioni di «utilità», piuttosto che per fattori «emotivi».
Nel frattempo, com’è noto, la Brexit ha scatenato una nuova ondata di sentimenti indipendentisti all’intero del Regno Unito. Il Parlamento scozzese ha votato in favore dell’organizzazione di un nuovo referendum per scorporare le azioni del governo di Edimburgo dalla volontà di Londra.
L’approvazione dei parlamentari è arrivata poco dopo l’incontro tra Nicola Sturgeon – Primo ministro della Scozia – e Theresa May, a Glasgow, e un giorno prima della notifica ufficiale da parte di Downing Street di lasciare l’Ue. In occasione del referendum sulla Brexit, il 62 percento dei cittadini scozzesi hanno votato per rimanere nell’Unione.
Proprio oggi è attesa la consegna delle richiesta ufficiale da parte del governo scozzese di indire un nuovo referendum per lasciare il Regno Unito. Di fronte alla possibilità che Theresa May non conceda un secondo referendum, Sturgeon ha replicato: «Un blocco da parte di Londra sarebbe «democraticamente indifendibile e [politicamente] insostenibile».
Ma la Scozia non rappresenta l’unico grattacapo per May. Anche in Irlanda si è tornato a parlare di unificazione e, conseguentemente, di indipendenza dal Regno Unito. Il leader del Partito laburista, Jeremy Corbyn, ha recentemente affermato che «se il Parlamento dell’Irlanda del Nord vuole organizzare un referendum sulla riunificazione del Paese, dovrebbero esser emesso nelle condizioni di farlo».
Qualche settimana fa, il Sinn Fein, una formazione politica che spinge per una riunificazione dell’isola britannica, si è affermato come secondo partito nell’amministrazione devoluta. Inoltre Corbyn ha chiuso le porte a un Labour che si batte per la permanenza del Regno Unito nell’Ue: «Non possiamo pretendere di essere parte del Mercato Unico, senza condividere gli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Ue».