Vorremmo le prove, ma in territorio di guerra, le prove non le avremo. Anzi, avremo lo scambio di accuse e la notizia che, no, l'attacco chimico siriano-russo su Khan Sheikhun nei pressi di Idlib non c'è stato. Eppure le foto terribili di bambini con gli occhi sbarrati che vediamo arrivare dall'area, nonché numerose testimonianze ci fanno purtroppo, ritenere il contrario. Naturalmente, in una guerra di propaganda che sembra non avere fine né limiti, c'è già chi parla di foto false, ricorda la provetta agitata da Colin Powell nel 2003 per giustificare l'intervento in Iraq. I fatti: nella città ultimo bastione dei ribelli salafiti siriani, ma non solo, ci sono 58 nuovi morti e un centinaio di feriti causati da un bombardamento di aerei siriani. Molti morti sono bambini e la foto di un gruppo di loro con gli occhi sbarrati rimarrà a lungo negli occhi di chi l'ha vista. Diversi testimoni, di parte ma non solo, raccontano di segnali chiari di come l'attacco sarebbe stato portato a termine con armi chimiche. Le autorità siriane negano l'uso di gas: «Non ne abbiamo usate oggi né mai, perché non ne abbiamo» è la linea ufficiale. Una linea discutibile se è vero che rapporto delle Nazioni Unite pubblicato lo scorso ottobre segnala come le forze governative abbiano usato cloro in un attacco su Qmenas nel marzo 2015 e su Talmenes nel marzo 2014. Nel marzo 2015 i rapporti dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche parlano di attacco al sarin e di uso di gas allo zolfo da parte dello Stato Islamico. Nelle ore successive, aerei hanno colpito anche ospedali e cliniche intasati dai pazienti. Le testimonianze: Hussein Kayal, un fotografo pro-opposizione ha detto ad Associated Press di essere stato svegliato dal rumore di un'esplosione alle 6.30 del mattino, nel luogo del bombardamento non c'era odore ma diverse persone sul pavimento, paralizzate o con le pupille contratte. Mohammed Rasoul, capo di un servizio  ambulanze (e quindi probabile membro dell'opposizione), ha parlato alla Bbc di diversi bambini soffocati in strada. I centri medici parlano di sintomi tipici dell'avvelenamento da gas per diversi pazienti e un giornalista di France Press riferisce di una ragazza, una donna e due anziani morti tutti con la schiuma tipica di chi muore per gas visibili ai bordi della bocca. Nell'agosto del 2013 nel sobborgo di Damasco di Ghouta, quando Obama parlò di linea rossa da non oltrepassare per poi non muovere un dito, si registrò un attacco simile che fece un numero imprecisato di morti. Si parlò di almeno 300, forse erano più di mille. La Sirian American Medical Society, che aiuta gli ospedali nelle aree controllate dall'opposizione spiega che i suoi medici segnalano sintomi dei pazienti tipici dell'esposizione ai composti di fosforo come il sarin nervino, vietati dalla convenzione sulle armi chimiche. Una quindicina di pazienti sono stati evacuati in Turchia, dove ci sono ospedali in grado di curare gli effetti del gas nervino. Un attacco di questo genere segnala che il regime di Assad è sicuro della propria posizione. Dopo aver liberato Aleppo dai ribelli e in una fase di relativo cessate-il-fuoco (che non include le zone controllate dall'Isis e dai qaedisti) il fatto di potersi permettere di utilizzare i gas è un guanto di sfida al mondo. "Avete bisogno di me e qui faccio come dico io" sembra dire Assad. In risposta all'attacco, la Francia e la Gran Bretagna hanno chiesto una riunione d'urgenza del Consiglio di sicurezza Onu, mentre Erdogan ha telefonato a Putin per condannare quanto accaduto e minacciare di far saltare il processo di pace in atto. In questo caso, quello che è uno dei protettori principali di alcune delle fazioni ribelli, cerca la mediazione e le pressioni di Mosca affinché il regime di Damasco utilizzi il buon senso. La sfida di Assad, in questo caso, sarebbe doppia: a Bruxelles è in corso una conferenza voluta dall'Unione europea - e con la presenza di 70 Stati - che apre ad Assad come interlocutore. Ma dopo le notizie di oggi, l'alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, non poteva non parlare di «attacco orribile» e di «oggettive responsabilità del regime siriano». Una novità in un consesso simile. Ma evidentemente a Damasco delle posizioni europee non interessa. Assad è molto sicuro di sé.

Vorremmo le prove, ma in territorio di guerra, le prove non le avremo. Anzi, avremo lo scambio di accuse e la notizia che, no, l’attacco chimico siriano-russo su Khan Sheikhun nei pressi di Idlib non c’è stato. Eppure le foto terribili di bambini con gli occhi sbarrati che vediamo arrivare dall’area, nonché numerose testimonianze ci fanno purtroppo, ritenere il contrario. Naturalmente, in una guerra di propaganda che sembra non avere fine né limiti, c’è già chi parla di foto false, ricorda la provetta agitata da Colin Powell nel 2003 per giustificare l’intervento in Iraq.

I fatti: nella città ultimo bastione dei ribelli salafiti siriani, ma non solo, ci sono 58 nuovi morti e un centinaio di feriti causati da un bombardamento di aerei siriani. Molti morti sono bambini e la foto di un gruppo di loro con gli occhi sbarrati rimarrà a lungo negli occhi di chi l’ha vista. Diversi testimoni, di parte ma non solo, raccontano di segnali chiari di come l’attacco sarebbe stato portato a termine con armi chimiche. Le autorità siriane negano l’uso di gas: «Non ne abbiamo usate oggi né mai, perché non ne abbiamo» è la linea ufficiale. Una linea discutibile se è vero che rapporto delle Nazioni Unite pubblicato lo scorso ottobre segnala come le forze governative abbiano usato cloro in un attacco su Qmenas nel marzo 2015 e su Talmenes nel marzo 2014. Nel marzo 2015 i rapporti dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche parlano di attacco al sarin e di uso di gas allo zolfo da parte dello Stato Islamico.

Nelle ore successive, aerei hanno colpito anche ospedali e cliniche intasati dai pazienti.

Le testimonianze: Hussein Kayal, un fotografo pro-opposizione ha detto ad Associated Press di essere stato svegliato dal rumore di un’esplosione alle 6.30 del mattino, nel luogo del bombardamento non c’era odore ma diverse persone sul pavimento, paralizzate o con le pupille contratte. Mohammed Rasoul, capo di un servizio  ambulanze (e quindi probabile membro dell’opposizione), ha parlato alla Bbc di diversi bambini soffocati in strada. I centri medici parlano di sintomi tipici dell’avvelenamento da gas per diversi pazienti e un giornalista di France Press riferisce di una ragazza, una donna e due anziani morti tutti con la schiuma tipica di chi muore per gas visibili ai bordi della bocca. Nell’agosto del 2013 nel sobborgo di Damasco di Ghouta, quando Obama parlò di linea rossa da non oltrepassare per poi non muovere un dito, si registrò un attacco simile che fece un numero imprecisato di morti. Si parlò di almeno 300, forse erano più di mille.

La Sirian American Medical Society, che aiuta gli ospedali nelle aree controllate dall’opposizione spiega che i suoi medici segnalano sintomi dei pazienti tipici dell’esposizione ai composti di fosforo come il sarin nervino, vietati dalla convenzione sulle armi chimiche. Una quindicina di pazienti sono stati evacuati in Turchia, dove ci sono ospedali in grado di curare gli effetti del gas nervino.

Un attacco di questo genere segnala che il regime di Assad è sicuro della propria posizione. Dopo aver liberato Aleppo dai ribelli e in una fase di relativo cessate-il-fuoco (che non include le zone controllate dall’Isis e dai qaedisti) il fatto di potersi permettere di utilizzare i gas è un guanto di sfida al mondo. “Avete bisogno di me e qui faccio come dico io” sembra dire Assad. In risposta all’attacco, la Francia e la Gran Bretagna hanno chiesto una riunione d’urgenza del Consiglio di sicurezza Onu, mentre Erdogan ha telefonato a Putin per condannare quanto accaduto e minacciare di far saltare il processo di pace in atto. In questo caso, quello che è uno dei protettori principali di alcune delle fazioni ribelli, cerca la mediazione e le pressioni di Mosca affinché il regime di Damasco utilizzi il buon senso.

La sfida di Assad, in questo caso, sarebbe doppia: a Bruxelles è in corso una conferenza voluta dall’Unione europea – e con la presenza di 70 Stati – che apre ad Assad come interlocutore. Ma dopo le notizie di oggi, l’alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, non poteva non parlare di «attacco orribile» e di «oggettive responsabilità del regime siriano». Una novità in un consesso simile. Ma evidentemente a Damasco delle posizioni europee non interessa. Assad è molto sicuro di sé.