Ha in mano una copia del suo nuovissimo Patria quando lo intravedo nell’ombroso cortile dell’Hotel dove alloggia. Paco Ignacio Taibo II lo sfoglia con evidente soddisfazione fra un’intervista e l’altra in attesa del suo prossimo incontro con il pubblico di Encuentro, il festival di letteratura latinoamericana in corso a Perugia. «È il primo volume di una trilogia ed è ambientato nel più grande periodo rivoluzionario che il Messico abbia conosciuto, quello che va dal 1854 al 1866», mi racconta mentre ordiniamo un caffè e, lui, la sua solita Coca Cola. Giornalista, scrittore di romanzi di avventura, di polizieschi dal piglio caustico e travolgente Taibo II è un grande maestro di controstorie, capace di smascherare le narrazioni menzognere targate Usa ai danni dei latinos. E non solo. «In questo nuovo libro racconto una vera rivoluzione democratica. In quel preciso momento in Messico, con la rivoluzione di Ayutla, cominciò la costruzione della Repubblica. Fu fatta contro tutto e contro tutti». Ovvero? «Contro la dittatura del generale Antonio López de Santa Anna che aveva perso la guerra contro gli Stati Uniti, contro i conservatori nel corso di una guerra che durò tre anni, direttamente contro la Chiesa per la prima Costituzione progressista del 1857. Contro l’invasione dell’esercito di Napoleone III e contro l’impero di Massimiliano d’Austria. Questa è la storia di una guerra e di una resistenza popolare che durò 14 anni».
Perché hai sentito l’esigenza di tornare a scrivere dell’Ottocento?
Da noi la preistoria comincia nel XIX secolo; non c’è niente prima. Il Messico aveva bisogno di un libro così per rendere evidente il contrasto fra quella esperienza e quella di oggi, per vedere bene chi è al potere in Messico.
Un romanzo storico che denuncia il governo Nieto?
Patria ha due gambe. C’è una visione narrativa del passato, una storia complicata, ampia, piena di avventura e c’è un sotto testo che riguarda il modo attuale di governare. I messicani hanno rialzato la testa e cominciano a premere per una svolta. Prima di venire a Perugia per la strada i lettori mi fermavano chiedendomi: “Quando esce Patria? Facciamo il culo al governo di Nieto?”. La risposta è sì.
Perché una trilogia, vista l’urgenza dell’attualità?
Servono pagine su pagine su pagine per raccontare tutta questa storia. Ho avuto una lunga discussione con il gruppo editoriale Planeta che pubblica il mio libro in Messico (uscirà tra due settimane). Ha un pubblico di lettori giovani, un volume di mille pagine sarebbe stato troppo caro per loro. Per rendere abbordabile l’opera e venire incontro ai meno abbienti lo abbiamo diviso in tre tomi. Perciò abbiamo deciso di lanciare una campagna pubblicitaria fuori dal comune, che dice: “Hai 59 giorni per leggere il primo tomo. Perché il giorno seguente, il sessantesimo, esce il secondo volume”.
Sembra una storia alla Balzac, fa pensare all’attesa febbrile che accompagnava ogni nuova puntata di un feuilleton…
Mi sento un autore di romanzi popolari. Mi piacerebbe scrivere romanzi d’appendice. Ma oggi è impossibile perché è un genere anti economico.
Mentre in Messico esce Patria in Italia esce in nuova edizione Ombra nell’ombra grazie a La Nuova frontiera che sta ripubblicando tutto il tuo catalogo. Come è riviverne l’uscita oggi?
È una sensazione particolarmente piacevole. Il recupero del catalogo è un progetto divertente perché mi permette di rivedere come fosse un film tutto il mio lavoro letterario.
I tre romanzi che la Nuova frontiera ha appena ripubblicato hanno rappresentato una svolta nel genere poliziesco tradizionale.
Sono libri che segnano una svolta nel mio percorso. Ero cascato senza volerlo nei classici romanzi di detective. Ombra nell’ombra, A quattro mani, La bicicletta di Leonardo e Ritorniamo come ombre (i primi tre sono già usciti, il quarto sarà in libreria a fine anno, ndr) rappresentano modi diversi di avvicinarsi al poliziesco, con grande attenzione alla storia ma anche con il gusto dell’avventura, cercando di portare nuovo ossigeno.
L’intervista a Paco Ignacio Taibo continua su Left in edicola