Il coraggio e la lucidità che Giacomo Matteotti ebbe nel denunciare a viso aperto il fascismo sono alla base della riscossa che venne poi. Ed è il fondamento della nostra Repubblica
Ho avuto l’onore di essere relatore nel Senato del disegno di legge sul centenario dell’assassinio Giacomo Matteotti, a prima firma della senatrice a vita Liliana Segre. Una legge dal valore speciale, dedicata alla memoria e alla celebrazione della figura e del pensiero di Giacomo Matteotti. Il 10 giugno 1924 è una data che reca una macchia indelebile nella nostra storia e che andrebbe impressa sul muro di ogni municipio della nostra Repubblica come «data sacra» (come la definì Sandro Pertini). Nel pomeriggio del 10 giugno 1924 Matteotti esce dalla casa dove vive con la moglie Velia e i loro tre bambini piccoli. Dopo pochi metri viene circondato e assalito; dopo una furiosa colluttazione viene rapito all’interno di una Lancia K e lì assassinato con una coltellata al cuore. Gli aggressori appartengono alla cosiddetta Ceka o “banda del Viminale”, polizia segreta alle dirette dipendenze di Mussolini, presidente del Consiglio e anche ministro degli Interni. Matteotti, deputato e capo socialista, pochi giorni prima, il 30 maggio, nell’Aula della Camera ha pronunciato un discorso di condanna senza appello del fascismo, di denuncia dei brogli elettorali, della corruzione, della violenza squadrista come essenza stessa del fascismo. Matteotti già nei mesi precedenti aveva documentato la ferocia squadrista, che impunemente stava uccidendo la vita civile e la democrazia liberale. Lo aveva fatto in un libro del 1923, intitolato Un anno di dominazione fascista (di recente ripubblicato da Rizzoli), che ebbe risonanza internazionale e che è un elenco impressionante dei crimini perpetrati dal fascismo ovunque, contro militanti politici e sedi dei partiti avversari, contro singoli cittadini per il solo fatto di pensare liberamente. Gli incendi delle tipografie dei giornali, le spedizioni punitive nelle scuole contro i maestri elementari e nelle università, le devastazioni continue contro le case del popolo, le società operaie, le cooperative e le leghe contadine, le organizzazioni sindacali e del lavoro, l’olio di ricino, spesso mescolato a nafta, che venivano costretti a bere nelle pubbliche piazze tutti coloro che non chinavano la testa.

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