Scritta nero su bianco nella nostra Costituzione, la dignità è violata ogni giorno. Stefano Rodotà rievoca la rivoluzione dell’ultimo dopoguerra. E avverte: Ogni volta che il lavoro non c’è o è oggetto di ricatto, è negato un pezzo di democraticità.

Quando si difendono i diritti, è facile trovarlo in prima fila. Stella polare della sinistra movimentista, Stefano Rodotà, il giurista che un anno e mezzo fa ha “rischiato” di diventare Presidente della Repubblica, è l’instancabile sentinella dello spirito della Costituzione. Una Carta, la nostra, che ha compiuto quella che lui chiama «la rivoluzione della dignità», introducendo un principio che nella realtà quotidiana è però «costantemente negato». Da qui il suo appello per un reddito minimo o di cittadinanza, che permetta di fuggire dalla miseria e dal ricatto.

La dignità, un suo cavallo di battaglia, è diventata una delle parole chiave della manifestazione della Cgil. Era ora?

Oggi si parla molto di dignità, ma è continuamente violata. Quando crescono le povertà, la disoccupazione e le discriminazioni è soprattutto la dignità della persona a essere messa in discussione. La dignità è una delle rivoluzioni del costituzionalismo dell’ultimo dopoguerra. Si trova in cima alla Carta tedesca, che si apre proprio con le parole: «La dignità umana è inviolabile». La Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948 integra la forma tradizionale «tutti gli uomini nascono liberi e uguali» aggiungendo «in dignità e diritti». L’art. 3 della Costituzione italiana, «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale», arricchisce la versione tedesca perché dice che la dignità non deve essere riconosciuta solo alla persona in quanto tale, ma anche nella relazione con gli altri. La dignità torna poi nell’art 41 – «l’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con (…) la libertà e la dignità umana» -, nell’art. 32 sulla salute («la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana») e nell’art. 36, che impone una retribuzione che garantisca «un’esistenza libera e dignitosa». Non è un caso che la dignità compaia con tanta forza nelle costituzioni dei vinti: in Germania e Italia c’erano state gravi violazioni di quel principio. La Carta dei diritti fondamentali della Ue si apre con le stesse parole della Costituzione tedesca. La triade rivoluzionaria oggi si legge: libertà, eguaglianza e dignità. Non perché sia sparita la solidarietà, ma perché la dignità dà il tono al quadro dei princìpi della democrazia. Attribuisce un’ulteriore forza e attenzione alla persona. Tale contesto è anche un limite alla possibilità del legislatore di intervenire in forme che mettono in discussione la dignità.

Questo sulla Carta. E nella realtà?

Nella realtà la dignità è continuamente messa in discussione. Anzi diciamolo francamente: è continuamente negata. Nella Costituzione è il lavoro che attribuisce dignità alle persone, perché permette di non dipendere dagli altri. Questo dovrebbe imporre una riflessione su come la violazione della dignità legata all’esclusione dal mondo del lavoro debba essere combattuta. Il reddito minimo o universale di cittadinanza fa uscire le persone da una condizione di difficoltà ed è la strada necessaria per restituire dignità. Nel momento in cui la retribuzione è sempre più in discussione – perché non c’è lavoro o c’è ma è precario o in nero -, è necessario trovare misure sociali adeguate. Il reddito minimo mi mette anche nella condizione di non essere ricattato quando cerco lavoro. Siamo rimasti, insieme alla Grecia, l’unico Paese in Europa a non aver rivisto il sistema di sostegno sociale. La dignità non è solo un’astrazione: ti mette di fronte a situazioni drammatiche. Oggi si parla molto di articolo 18 come se i problemi del lavoro si risolvessero con la diminuzione delle garanzie. Viviamo in un Paese in cui la violazione della persona avviene anche attraverso forme di vera e propria schiavitù: l’Italia, soprattutto in alcune regioni, è dominata da poteri criminali. Dobbiamo ricostruire la legalità attorno al lavoro, fondamento della Repubblica democratica. La dignità della persona è riconosciuta a tutti: non si possono fare differenze per gli immigrati irregolari. Quando il lavoro è negato o ridotto a oggetto di ricatto è negato un pezzo di democraticità. I diritti fondamentali delle persone non possono essere subordinati alla logica del profitto. Al di là dell’inflazione delle citazioni, nel concreto la dignità viene rispettata poco. Le azioni legislative sono molto modeste. In Italia, poi, la dignità della persona è legata anche al governo della vita privata.

l’intervista integrale su left in edicola da sabato 25 ottobre 2014