Anni fa, all’inizio del processo di precarizzazione, politici e opinionisti d’ogni colore politico raccontavano la stessa favola: era finito il Novecento, cambiava tutto e grandi possibilità – dicevano – sarebbero arrivate dalle sorti magnifiche e progressive della flessibilità. Il pacchetto Treu, la legge Biagi e tante altre leggi varate dal centrodestra, come dal centrosinistra, avrebbero fatto della parola “disoccupazione” poco più di un termine desueto.
È andata diversamente. La favola era una balla, utile a propagandare la precarietà: una forma intensiva di sfruttamento ad alta ricattabilità e bassi salari basata sulla distruzione dei diritti, la compressione dei salari e lo smantellamento del welfare. Un modello, concausa della crisi economica, che ha generato solo una spirale perversa di cattiva occupazione e disoccupazione di massa da un lato e profitti per pochi dall’altro.
Al contrario di quanto non voglia raccontarci la retorica renziana non ci sono lavoratori di serie A e lavoratori di serie B, ma al massimo pochi ricchissimi che vivono in serie A e sotto di loro un complesso dedalo di serie minori in cui lavoratori con poche tutele si contendono un salario con lavoratori senza nessuna tutela e disoccupati.
Renzi usa i precari, i senza diritti, come scudi umani contro gli altri lavoratori puntando a livellare verso il basso i diritti di tutti. Procede con una violenza verbale inaccettabile, che punta ad alimentare una pericolosissima guerra tra poveri. Ma non si limita alle parole, ma mette in campo un’azione concreta che dal decreto Poletti (che rimuovendo la causalità dei contratti a termine e svuotando l’apprendistato riesce persino a peggiorare la riforma Fornero) alla delega del Jobs act delinea un mercato del lavoro sempre più precario.
Servirebbe invece una vera riduzione delle forme contrattuali precarie, un reddito minimo garantito che ci assicuri un’esistenza dignitosa e libera dai ricatti, l’estensione universale a tutti e a tutte degli strumenti di welfare (malattia, casa, maternità e paternità), un sostegno al lavoro autonomo vero, investimenti ingenti per creare nuova e buona occupazione.
Abbiamo bisogno di una grande mobilitazione nelle piazze e nelle istituzioni per invertire radicalmente il segno delle politiche di questi anni. Serve un fronte variegato e determinato che promuova l’opposizione alle politiche del governo Renzi e trovi in questa lotta le ragioni e la forza per costruire l’alternativa politica di cui abbiamo bisogno.