Semplici operazioni che porterebbero alla creazione di almeno 30 mila posti di lavoro nel settore della nuova musica italiana, tutta tra le giovani generazioni.

Sabato scorso è uscita una paginata su un grande quotidiano nazionale dove si spaccia come elemento positivo il dato diffuso dalle major discografiche sulla crescita in Italia del 2% di vendite della musica in digitale (tutta a favore delle major per una percentuale di vendita in euro irrilevante) e del 6% di vinile (un numero infinitesimale che si calcola in poche migliaia di copie) come elementi positivi della crescita della musica per la promozione di un prossimo evento.

Sono dati di tendenza da segnare, certo, ma sono totalmente irrilevanti e paiono “fumo” da gettare in pasto all’opinione pubblica e agli operatori più sprovveduti per nascondere dove sta oggi il vero business della musica e chi se lo porta a casa a danno degli indipendenti e degli emergenti che creano il futuro della nuova musica e non trovano più le risorse per il made in Italy musicale.

Siamo infatti di fronte ad una vera e propria “alluvione” in Italia nel sistema musicale dove in dieci anni si è passati da un fatturato di 1 miliardo di euro nel mercato del Cd a poco più di 100 milioni di euro e dove il fatturato del digitale è arrivato solo a 40 milioni di euro e in un mercato dove il sistema del live per chi fa musica originale, inedita e innovativa, indipendente ed emergente, è diminuito sempre in 10 anni di almeno il 50% con la chiusura lenta ma inesorabile di tantissimi club, circoli, festival e contest.

Contemporaneamente, questo sì: sono arrivati a circa 5/600 milioni di euro i diritti che vengono incassati ogni anno dagli Istituti di Raccolta dei Diritti con il segno negativo per i nuovi artisti emergenti e indipendenti e tutta la loro filiera (autori, editori, produttori, musicisti, etc.) che incassano percentualmente minori rispetto a 5 anni fa, con ripartizioni sempre meno analitiche e sempre più forfettarie a favore dei grandi mentre restano sempre fermi circa 100 milioni di euro per tutti gli artisti, grandi e piccoli, nelle casse del vecchio Imaie.

Pur di fronte a dati che ci dicono che oltre il 50% del raccolto di questi istituti è dato dai tantissimi piccoli eventi musicali presenti nel Paese.

Inoltre arriveranno circa 300 milioni di euro in più grazie alla firma per l’equo compenso che chiediamo vengano investiti per almeno il 50% a favore dei giovani autori e di tutta la filiera che li sostiene e dei festival che li promuovono. Mentre sempre in Italia YouTube, Facebook e tutti gli altri monopolisti del digitale fanno centinaia di milioni di euro di fatturato sul digitale pagando direttamente ancora pochissimo gli artisti indipendenti ed emergenti con pochi centesimi per ogni click quando va bene se non addirittura nulla e portando i loro fatturati all’estero.

Quando non si sono ancora attivate politiche di sgravi e facilitazioni per i piccoli concerti sotto le 200 persone, non ci sono sostegni per le opere prime e ancora non si dà come in Francia lo spazio alla musica italiana e agli esordienti in radio e tv raccogliendo 45 milioni di euro di diritti che resterebbero così in Italia.

Tutte queste semplici operazioni: una ripartizione più analitica dei diritti, una più equa ripartizione del business sul digitale a favore di tutta la filiera creativa, una presenza nel Fus delle nuove musiche contemporanee, una maggiore diffusione di nuova musica italiana sui media porterebbe, a costo zero per il Paese e senza nessuna perdita per alcuno, alla creazione di almeno 30 mila posti di lavoro nel settore della nuova musica italiana, tutta tra le giovani generazioni, facendo emergere dal sommerso tante nuove professionalità, tra autori di testi e musiche e nuovi editori, piccoli produttori, artisti e musicisti ,  studi di registrazione, videomaker, grafici, nuovi comunicatori per la stampa e i social, piattaforme di crowdfunding (queste sì hanno sostenuto, insieme alle tante produzioni indies e autoproduzioni, le nuove produzioni indipendenti con oltre 200 progetti portati a segno in poco più di un anno e oltre 1 milione di euro raccolti) e a favore di tutta la filiera creando un volano economico e culturale di grande portata.

Di questo abbiamo parlato al Tavolo della Musica a Firenze con le parlamentari Francesca Bonomo ed Elena Ferrara , dell’Intergruppo Parlamentare per la Musica, insieme a Stefano Boeri. Di questo si deve parlare. Semplificazione, facilitazioni per i live per le produzioni, depenalizzazione di reati per il settore (come il disturbo della quiete pubblica) sgravi per chi investe, eque ripartizioni dei diritti, liberalizzazione armonica del settore, più compensi agli artisti dal grande business del digitale e della telefonia. Il resto è fumo per mangiarsi di nascosto l’arrosto sempre tra pochi.