È assai peggio dire «recarsi» o «egli» che dire «fottuti» o «coglione». La lingua è un organismo vivo, sempre in movimento e non c’è peggior delitto di «volerla imbalsamare con norme e precetti considerati astrattamente eterni».
Fa bene Giuseppe Antonelli in Comunque anche Leopardi diceva le parolacce (Mondadori) a combattere il perbenismo lessicale (con ampio prelievo di citazioni letterarie) e a liberarci da alcuni luoghi comuni: non è vero che il congiuntivo sia in estinzione (è usatissimo in Tv e nei fumetti), né che gli anglicismi minaccino davvero la nostra lingua (dall’1 per cento sono arrivati solo al 2 ). Il punto e virgola arretra, però è in espansione la punteggiatura espressiva.
La norma si rifrange in una pluralità di norme. La stessa ortografia è un work in progress: scrivere «un po’» con l’accento non è errore grave se fino a due generazioni fa si contestava la necessità di usare la lettera h per le voci del verbo avere. Oggi i ragazzi ignorano il significato di “biasimare” ma 40 anni fa non capivano parole come “avallare” o “etico”.
Il punto non è salvare le parole (che muoiono e risorgono imprevedibilmente), né censire espressioni cacofoniche («ma però» è un rafforzamento intensivo per nulla irregolare), quanto dare a ciascuno gli strumenti linguistici adeguati ad una piena cittadinanza; e proprio nel momento in cui diminuiscono le competenze di lettura degli italiani, la capacità di interagire con l’informazione scritta. Credo poi che vero nemico di una lingua italiana dinamica e variegata (e informale) sia la ricercatezza banale (variante del midcult): non tanto dire “dimenticare” al posto di non “scordarsi”, ma dire “Scusa , non ho più preso le patate al mercato, le ho rimosse”.
Solo una obiezione ad Antonelli. Va bene, le parolacce le diceva anche Dante, con buona pace del purista cinquecentesco Bembo, ma il punto è che nell’Italia attuale le dicono ministri e senatori. Questo il cambiamento epocale. Se a 15 anni usavo il turpiloquio contro il perbenismo dei genitori e dei docenti a scuola, oggi che il turpiloquio è la lingua della classe dirigente e dei nuovi comici in Tv usarlo non ha più niente di trasgressivo. E anzi il comportamento linguistico più eversivo potrebbe diventare un lessico casto: comunque non sempre Belli diceva le parolacce!