Scrive Salvati «L’orientamento ideologico di fondo (di Renzi) è una versione del liberalismo di sinistra». “Di sinistra” in quanto disponibile a promuovere «una ragionevole uguaglianza di opportunità per le persone socialmente più svantaggiate». Comunque sempre «liberale, non socialdemocratico… per lui padroni e dipendenti sono tutti lavoratori e l’importante è che ci siano rapporti cooperativi». «Come ogni liberale – prosegue Salvati – Renzi è convinto che in larga misura efficienza ed equità viaggino insieme: l’Italia è ingiusta anche perché è inefficiente». E siccome si tratta di inefficienze e ingiustizie che affondano “in un lontano passato”, rimuoverle «richiede un lungo periodo di manutenzione straordinaria». La prima delle riforme è «la riforma del riformatore», un riassetto costituzionale, istituzionale ed elettorale.
Raccontandola così (Corriere della Sera del 3 di novembre) – tutto si tiene nella politica del nostro premier. Tutto, tranne, forse, quel suo eccesso di ottimismo che inducono Salvati a dubitare. Non dubiteremo, noi, ma dobbiamo chiederci se serva alla sinistra e all’Italia questa tardiva iniezione di “liberalismo di sinistra”. No! Perché non sembra una crisi “ciclica” quella che ci stringe ormai da 7 anni. Autorevoli studiosi la collegano alla crescita intollerabile delle disuguaglianze sociali e alla bolla speculativa che grava sull’economia occidentale.
Renzi rischia di perdere la faccia come Hollande se continuerà ad annunciare la ripresa, con gli imprenditori che investono e le casse dello Stato che si riempiono. No! L’Italia, nell’Euro, è uno dei Paesi debitori e le risorse che la Commissione a trazione tedesca le concederà, per curare antiche ferite e sostenere la produzione, resteranno assai limitate. Ecco che intervenire – come prevede la legge di stabilità – riducendo il costo del lavoro per ogni sorta di impresa è un errore, indotto dall’illusione liberista.
Ridurre le imposte ai Riva, ai Marchionne, agli imprenditori che aprono, poi chiudono e scappano via, è uno spreco insensato. No! Provando a rafforzare a dismisura i poteri del premier – e a questo mirano Italicum e riforma del Senato – Renzi finirà con il delegittimare la Costituzione e a ottenere per sé stesso una vittoria di Pirro. Sì! La politique d’abord del premier e il suo liberalismo ideologico possono costringere la sinistra, politica e sindacale, a fare un salto di qualità. A passare dalla difesa corporativa a un’idea di futuro. Lotta alla disuguaglianza, all’evasione e alla corruzione, Europa; rilanciando l’idea di una Unione politica e democratica, solidale e con una sola politica fiscale.