Le immagini di quelle lingue di fuoco alte sei metri che si riflettono sul mare squarciando la notte del golfo di Pozzuoli hanno fatto in poche ore il giro d’Europa. Era il 4 marzo 2013, quando a seguito di un incendio doloso, i cui responsabili sono a tutt’oggi ignoti, il Science centre (Città della scienza) di Napoli, il primo museo scientifico interattivo d’Italia – che sorgeva a Bagnoli, nell’area industriale dell’ex Italsider nella periferia Ovest di Napoli – è stato ridotto ad un enorme cumulo di macerie. Eppure dopo poche settimane dal rogo, anche se tra scatoloni, spazi ridotti e mezzi di fortuna, i laboratori di scienza e creatività per grandi e piccoli, le attività didattiche, le mostre interattive e le conferenze avevano già ripreso ad abitare Città della Scienza. Che oggi, un anno e mezzo dopo il disastro, è tornata al pubblico ancora più viva.
Sono stati rafforzati molti filoni di attività e persino aperti segmenti nuovi come lo spazio Fablab dedicato ai makers e al mondo della fabbricazione digitale, l’area industria della conoscenza, con imprese associate che si occupano di nuove tecnologie, cresciute e ora stabilizzate sul territorio. Infine è stata inaugurata la nuova officina dei piccoli, uno spazio di circa 550 mq, interamente coperti, dedicato al mondo dell’infanzia con attività e programmi per rispondere alle esigenze dei più piccoli.
«Oggi Città della scienza è un complesso molto articolato di cose. Da un lato continua e si rafforza la nostra storica mission, quella con cui nel 1987 tutto ebbe inizio con Futuro remoto, la prima manifestazione di divulgazione scientifica realizzata in Europa, e cioè quella rendere la scienza non solo appannaggio degli esperti ma uno strumento di crescita democratica e partecipata, per tutti. Continuano anche le attività didattiche, le conferenze tematiche, un fortissimo legame con le scuole e tutte le attività legate alla filosofia della scienza hands on con cui è nato il nostro museo», spiega Luigi Amodio, direttore generale di Città della scienza. «Poi abbiamo sviluppato l’Incubatore di imprese, in cui selezioniamo e accogliamo giovani startup innovative accompagnandole nel percorso di crescita e inserimento nel mercato e infine un’area industria della conoscenza, una vera area industriale basata sulla conoscenza, in cui ospitiamo oltre venti aziende innovative operanti in diversi settori produttivi. Ma ci siamo dotati anche di un grande spazio eventi e congressi, con servizi altamente specializzati».
Senza soluzione di continuità, da dodici anni a questa parte la Città della scienza organizza una convention nazionale dedicata al mondo della scuola dal titolo Smart education and technology days in cui «circa 10mila docenti ogni anno raccontano la scuola pubblica mettendo a confronto buone pratiche ed esperienze didattiche realizzate in tutto il Paese», sottolinea Amodio. «Per quanto riguarda i centri di ricerca e le aziende innovative, abbiamo nel tempo sviluppato una forte vocazione all’internazionalizzazione, realizzando in particolare il sino-italian exchange event, un grande appuntamento di scambi commerciali tra Italia e Cina, una piattaforma riconosciuta dal governo cinese e da quello italiano per favorire l’incontro tra i sistemi innovativi dei due Paesi».
E mentre si cerca di sviluppare al massimo le attività nella Città della scienza si pensa anche alla ricostruzione.«Il 25 novembre scorso abbiamo presentato in una conferenza stampa al Parlamento europeo di Strasburgo il bando per la ricostruzione del nostro Science centre, distrutto lo scorso anno» racconta Amodio senza nascondere un certo orgoglio. «Un bando che è pensato e scritto per dare spazio ai giovani architetti e ingegneri, premiando creatività e innovazione per realizzare un edificio a emissioni zero che rispetti la nostra filosofia ma anche l’incanto del luogo in cui ci troviamo». L’area sarà valorizzata anche con una suggestiva passeggiata connessa a una spiaggia pubblica, che con la tecnica del ripascimento, sarà realizzata dal Comune di Napoli proprio nella parte antistante il nuovo museo.