«Se crescono le disuguaglianze, aumenta l’infelicità»: nel suo nuovo libro Solidarietà. Un’utopia necessaria, Stefano Rodotà prosegue la riflessione che aveva iniziato con Il diritto di avere diritti.

A pochi giorni dai drammatici eventi che hanno scosso la patria di “liberté, égalité, fraternité” è d’obbligo condurre una seria riflessione sulla dissoluzione cui stiamo assistendo dei legami umani. Per non soccombere a un realismo disperato e cinico, Stefano Rodotà prosegue quella riflessione sui diritti, che aveva iniziato con Il diritto di avere diritti, nel suo nuovo libro Solidarietà. Un’utopia necessaria (ed. Laterza).

Etimologicamente parlando la parola rimanda sia a “solido” che a “compatto”, dunque ciò che nella compagine sociale garantisce resistenza e unità. Ciò che fa sì che gli esseri umani stiano insieme fra di loro, diventando così più resistenti e forti; quel collante che tiene uniti i pezzi là dove questi ultimi si perdono, si staccano, si corrompono. Stefano Rodotà richiama l’attenzione su uno di quei principi costituzionali che, nella storia, ha avuto un percorso assai intermittente, fino a essere in pericolo di vita oggi nel mondo liquido del XXI secolo.

Come se gli uomini, di fronte all’aumentare esponenziale delle disuguaglianze e all’abbattimento dei confini degli Stati Nazione rispondessero con un sempre maggior isolamento, con una sempre maggiore quantitĂ  di odio verso coloro che non sono “noi”. Se crescono le disuguaglianze – nota RodotĂ  – aumenta l’infelicitĂ . Gli uomini si ritrovano a scontrarsi l’uno contro l’altro nelle periferie delle cittĂ , nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro, in cui prevale un’assurda contrapposizione tra vecchi e giovani, tutelati e non tutelati. Il tutto a favore dei pochi ricchi, dei pochi potenti, dei pochi privilegiati che hanno interesse che le persone si rifugino impaurite nelle proprie case, nei propri recinti.

Più si è divisi e più si è deboli, non si chiede niente e non si lotta. Alla liquidità, alla flessibilità, alla lacunosità attuale Rodotà contrappone la solidità, la stabilità e la certezza di un principio. Se la modernità occidentale si è venuta a costituire intorno a quel «tutti gli uomini nascono liberi e uguali», è poi a partire dall’800, dalle lotte operaie e dalle organizzazioni mutualistiche, che si è imposta la solidarietà, che tra ’800 e ’900 si è separata dalla fraternità della Rivoluzione francese e dall’assistenza del cristianesimo generando il cosiddetto “Stato sociale”.

l’articolo integrale su left in edicola sabato 17 gennaio