Almeno per il momento, il nuovo governo greco è risultato perdente nel conflitto che l’ha contrapposto all’establishment europeo. Aveva chiesto che fosse tolta di mezzo la troika, cioè il trio Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea, Commissione europea.
Niente da fare. La troika rimane, anche si chiamerà in altro modo. Aveva chiesto l’apertura di una conferenza europea sui debiti pubblici e prospettato la sostituzione delle attuali regole con nuovi criteri, come quello di far dipendere il tasso di interesse corrisposto sul debito dal tasso di crescita dell’economia. Anche qui non se ne parla. Le regole non si toccano.
Aveva chiesto che il proprio avanzo primario previsto per quest’anno fosse ridotto a un terzo. Spieghiamo di cosa si tratta. L’avanzo primario è l’eccedenza delle entrate del bilancio pubblico sulle spese al netto degli interessi. Corrisponde dunque alle imposte impiegate nel pagamento di interessi: quanto più alto è l’avanzo primario, tanto minori sono le risorse destinate ai servizi pubblici e alle misure di sostegno dell’economia. Ebbene la risposta alla richiesta del governo greco di abbattere l’avanzo primario è stata negativa, con una piccolissima apertura a “qualche margine di flessibilità”.
Ancora. Il governo greco aveva annunciato una serie di riforme per alleviare il gravissimo stato di disagio sociale (salario minimo, riassunzioni nel settore pubblico, aumenti delle pensioni ecc.). Dovrà rimangiarsi tutto, perché tali riforme non rientrano negli accordi a suo tempo stipulati. Infine aveva chiesto sei mesi di tempo per lavorare a un nuovo progetto da proporre ai creditori, ne sono stati concessi solo quattro e a condizione di un impegno immediato a una serie di riforme da sottoporre all’approvazione delle istituzioni e dei governi europei.
Come si spiega tale disastro? Il potere contrattuale della Grecia nella trattativa dipendeva, in primo luogo, dalla minaccia di uscire dall’euro, con gli enormi rischi che, si pensava, questo avrebbe comportato per l’intero sistema. Si è tuttavia diffusa, negli ultimi tempi, l’aspettativa che l’euro sarebbe sopravvissuto senza eccessive difficoltà all’uscita della Grecia. Il rischio di contagio ad altri Paesi, in primo luogo l’Italia e la Spagna, che si era verificato nel caso delle precedenti crisi, sarebbe stato ora molto limitato, soprattutto per effetto del codone sanitario pazientemente costruito in questi anni dalla Bce di Mario Draghi.
D’altra parte, Paesi governati da forze conservatrici, e in prossimità di elezioni, a cominciare dalla Spagna, non potevano certo darla vinta a Syriza. Tali Paesi, che in altro contesto avrebbero potuto essere dei naturali alleati della Grecia, in quanto accomunati da molti problemi a partire da quello del debito, sono diventati, in questa congiuntura politica, i principali alleati della Germania nella posizione di assoluta rigidità. D’altra parte i due grandi Paesi, Francia e Italia, con governi che, in linea di principio, potevano simpatizzare con la Grecia, e che pure hanno problemi con il rispetto delle regole europee, si sono ben guardati dall’esporsi, limitandosi ad assumere solo toni più amichevoli rispetto a quelli, moto duri, della Germania, ma allineandosi nella sostanza.
La Grecia è dunque rimasta sola, e da sola non poteva farcela. Una vicenda che condizionerà pesantemente ogni futura prospettiva di cambiamento nell’Unione. E sulla quale si dovrà riflettere a lungo.