Approvato alla Camera in seconda lettura il pacchetto delle riforme costituzionali presentato dal ministro Boschi.

Approvato alla Camera in seconda lettura il pacchetto delle riforme costituzionali presentato dal ministro Boschi. La riforma modifica e completa quella del Titolo V su federalismo e autonomie locali, varata nel 2001 dal centrosinistra e confermata all’epoca con un referendum. Segna inoltre la fine del bicameralismo perfetto considerato da un lato strumento di garanzia per il regime democratico, ma dall’altro un freno per la governabilità.

Ecco cosa cambia in 10 punti:

  • La Camera diventa l’unica Assemblea legislativa e l’unica a votare la fiducia al governo. Il numero dei deputati non cambia, saranno sempre 630 e verranno ancora eletti a suffragio universale.
  • Il Senato non sarà più elettivo e sarà composto da 100 membri, 95 eletti dai Consigli Regionali e 5 nominati dal Presidente dalla Repubblica. Questi, a differenza di oggi, non saranno più senatori a vita, ma resteranno in carica 7 anni. Il Senato non avrà più competenza legislativa piena, voterà solo in caso di riforme e leggi costituzionali. Potrà chiedere alla Camera la modifica delle leggi ordinarie, ma i deputati potranno scegliere di non dar seguito alla richiesta.
  • Come viene eletto il nuovo Senato? I 95 senatori verranno scelti dai Consigli Regionali fra i propri componenti e eletti con metodo proporzionale. Ogni Consiglio eleggerà un numero di senatori pari al peso demografico della regione. Almeno uno degli eletti in ciascuna regione dovrà essere un sindaco.
  • L’immunità parlamentare rimane in vigore per entrambe le camere. I parlamentari non potranno essere arrestati o sottoposti a intercettazione senza l’autorizzazione della Camera di pertinenza.
  • Federalismo: più poteri allo Stato. Energia, infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto, prima di pertinenza locale, diventano di competenza del Presidente della Repubblica. «Quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale» su proposta del governo la Camera potrà approvare leggi nei campi di competenza delle Regioni.
  • Elezione del Presidente della Repubblica. Il capo dello Stato verrà nominato dalle camere in seduta congiunta: 630 deputati più 100 senatori provenienti dai Consigli Regionali. Il quorum per l’elezione è fissato per i primi tre scrutini ai due terzi dei componenti, dal quarto si scende ai tre quinti; dal nono scrutinio sarà sufficiente la maggioranza assoluta dei “grandi elettori”.
  • La Corte Costituzionale. 5 dei 15 giudici Costituzionali saranno eletti dal Parlamento: 3 dalla Camera e 2 dal Senato. I restanti vengono nominati per metà dal Presidente della Repubblica e per l’altra metà dalle supreme magistrature ordinaria e amministrative.
  • I Referendum. Viene abbassato il quorum per i referendum sui quali vengono raccolte almeno 800mila firme anziché 500mila. Per rendere il referendum valido basterà che a votare siano la metà degli elettori delle ultime elezioni politiche. Prima della riforma il quorum di validità era fissato nella metà degli iscritti alle liste elettorali.
  • Leggi di iniziativa popolare. Salgono da 50.000 a 250.000 le firme necessarie per presentare una legge di iniziativa popolare. Introdotta la clausola per cui i regolamenti parlamentari dovranno indicare tempi precisi di esame.
  • Legge elettorale. Viene introdotto il ricorso preventivo sulle leggi elettorali alla Corte Costituzionale su richiesta di un quarto dei componenti della Camera.

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