Si possono prevenire incidenti come quello della Germanwings? «Occorre una forte selezione dei piloti all’inizio. Magari attraverso un controllo affidato a psicologi, o meglio, a psichiatri. Perché in genere, nei controlli successivi periodici si valuta il pilota solo dal punto di vista tecnico e se ci sono patologie gravi, queste non si vedono». Claudio Alvigini è un comandante Alitalia che ha volato per 40 anni, con 16mila ore di volo alle spalle. È stato istruttore ed esaminatore anche sul Boeing 747. Li conosce i bene i piloti, ma soprattutto sa come si svolgono i controlli periodici: «Erano tutti a livello tecnico, blandamente comportamentale».
Se Andreas Lubitz, il copilota del volo Germanwings che, secondo le ultime ricostruzioni, avrebbe fatto schiantare di proposito al suolo l’aereo, avesse avuto seri problemi psichiatrici, questo si sarebbe dovuto scoprire all’inizio quando è stato preso dalla compagnia aerea. «Una volta entrati, è difficile che l’istruttore se ne accorga, perché anche costui dovrebbe avere una preparazione psicologica che al momento non c’è. Per cui queste cose scappano, non si vedono».
Del problema “umano” ci si accorge quindi solo al momento del disastro.
«Sempre di più nell’aeronautica in tutto il mondo si sta prendendo in considerazione questo aspetto. Non a caso è nata proprio una branca di ricerca che si chiama Human factor – continua Alvigini – perché si verificavano incidenti che non avevano una spiegazione apparente, che non dipendevano né dall’assetto strutturale dell’aereo, né dalle condizioni atmosferiche avverse».
Il comandante ricorda un caso passato alla storia. «In Giappone una volta ci fu una lotta furiosa tra i due piloti, uno voleva farla finita e buttarsi a mare, l’altro glielo voleva impedire e alla fine l’aereo riuscì a fare una mezza planata sul mare poco prima della pista e i passeggeri si salvarono». Ma l’indagine è sempre a posteriori, quando l’incidente c’è già stato. Quando invece occorre prevenire, prima, al momento della selezione.
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