Ci siamo interrogati sulle ragioni che legano la maggioranza invisibile e la coalizione sociale. Lo abbiamo fatto mossi dalla speranza che, finalmente, si possa rompere la cappa che ci impedisce di portare alla ribalta del dibattito pubblico “il nuovo popolo progressista” rappresentato dalla maggioranza invisibile. Ci sono elementi che m’invitano a un cauto ottimismo, molti altri invece che m’inquietano.
La coalizione sociale parte bene nell’aspirare ad essere una rappresentazione sociale della maggioranza invisibile, e non un nuovo partitino fallimentare come quelli che abbiamo visto sorgere in questi anni. Non si costruisce una nuova prospettiva politica se non si capisce che oggi “la sinistra” deve parlare a un nuovo popolo. Un popolo che ha caratteristiche completamente diverse da quelle dell’operaio fordista e del dipendente pubblico con contratto a tempo indeterminato.
La storia inglese ci insegna che, sono venute prima le unions (che hanno messo insieme gli operai aiutandoli progressivamente a capire che essere classe li avrebbe aiutati a difendere i propri diritti) e poi il labour party (con la sua capacità di rappresentare il nuovo popolo radunato dalle unions).
Altra nota positiva è l’idea di rappresentazione sociale larga, perché la maggioranza invisibile per emergere come soggetto sociale deve ricercare il dialogo diretto con studenti, classe media e categorie sociali colpite dalla grande trasformazione (come i metalmeccanici della Fiom). Tuttavia, nonostante questi riscontri positivi, la coalizione sociale per diventare il punto di riferimento della maggioranza invisibile ha delle sfide titaniche davanti.
Primo, la coalizione sociale deve contribuire a creare un nuovo contesto narrativo: non possono essere le proposte politiche legate al fordismo (come la riduzione dell’età di pensionamento) a scaldare il cuore della maggioranza invisibile (che chiede prima di tutto uguaglianza e reddito).
Secondo, la coalizione sociale deve interrogarsi sulle ragioni che hanno portato la maggioranza invisibile al silenzio. Quelle esterne sono chiare e legate alla “grande trasformazione” (segnate dal passaggio dal fordismo a un’economia legata ai servizi), ma sono quelle interne (principalmente l’incapacità si rappresentarsi collettivamente) che vanno affrontate per permettere a categorie sociali diverse (precari, pensionati poveri, disoccupati, migranti, neet) di riconoscersi nel comune interesse alla redistribuzione.
Terzo, e questo è quello che davvero non mi è piaciuto sabato, la coalizione sociale deve fare i conti con il passato, recidendo sin dal principio alcuni legami scomodi. Mi riferisco ai legami con il sindacato fordista e inattuale rappresentato da Susanna Camusso, a quelli con i partitini che popolano la “galassia sinistra” e infine a quelli con il Pd asservito alle politiche di austerità.
Con il Pd la colazione sociale sembra essere già entrata in rotta di collisione, ma per dare speranza alla maggioranza invisibile bisognerà avere la forza di rompere anche con gli altri due universi che ho menzionato, perché essi contribuiscono ormai da anni a soffocare l’emergere delle istanze della maggioranza invisibile. è questo il principale punto di domanda che resta aperto dopo la manifestazione. Una questione centrale per far partire un progetto sociale e politico per il “nuovo popolo progressista”.
[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/ManuFerragina” target=”on” ][/social_link] @ManuFerragina