Il decreto del governo, deliberando un adeguamento molto parziale e di natura progressiva, ha salvaguardato esigenze di equità con quella di non sfondare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica. Ha fatto bene perché non era certo questa l’occasione per una prova di forza con l’Europa.

Credo che uno dei presupposti per la rifondazione della sinistra sia liberarsi dell’abitudine ai giudizi per partito preso, vale a dire al conformismo. Mi sembra incontestabile che per attaccare il governo sul provvedimento con il quale ha limitato al minimo le conseguenze della sentenza della corte costituzionale sul mancato adeguamento all’inflazione nel biennio 2012-2013 delle pensioni superiori a tre volte il minimo ci si debba arrampicare sugli specchi, come mi sembra faccia l’amico e collega Felice Pizzuti su sbilanciamoci.info. Mi sento molto più vicino a Massimo Bordignon e Francesco Daveri che su lavoce.info hanno invece messo in luce i limiti della sentenza della corte e gli aspetti contradditori della sua giurisprudenza in tema di equità delle politiche pubbliche.

Credo che ci saremmo dovuti scandalizzare se il governo avesse deciso di applicare la sentenza senza sfruttare i margini di discrezionalità che, per fortuna, gli concedeva. Se cioè avesse tirato dietro 16 miliardi a tutti i pensionati, compresi quelli che hanno pensioni molto buone. Il decreto del governo, deliberando un adeguamento molto parziale e di natura progressiva, ha salvaguardato esigenze di equità con quella di non sfondare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica. Ha fatto bene perché non era certo questa l’occasione per una prova di forza con l’Europa. Per fare cosa? Per regalare soldi ai pensionati ricchi? La partita con l’Europa va aperta, ma certo non in questo modo.

La sentenza della corte solleva un tema centrale: quello degli effetti redistributivi delle manovre restrittive di finanza pubblica che si sono succedute dal 2008. Una storia che è ancora tutta da scrivere. Ed è all’interno di una narrazione più ampia, quella delle diverse forme di disuguaglianza che si sono stratificate nel tempo: non solo tra ricchi e poveri, ma tra lavoratori garantiti e non garantiti, tra lavoratori ed ex lavoratori (pensionati), tra pensionati e altri pensionati, tra pensionati di ieri e pensionati di domani. Le sfide sono numerose e maledettamente complicate.  Su queste si deve attendere e giudicare il governo.