Questa settimana, in cerca della nostra epica effige, siamo tornati a studiare le storie, le vite e le imprese di quegli sportivi che compiono le loro gesta su campi verdi come la speranza. Campi delimitati da righe bianche che della speranza, della fantasia e della libertà ne disegnano limiti e confini. Confini condivisi che segnano le regole del gioco più bello del mondo. Il giuoco del calcio. Un giuoco di squadra, dove l’individuo, come un lupo, diventa ingranaggio collettivo, per l’attuazione di una tattica di branco.
Sport popolare nazionale in cui serve sì il fisico, ma forse ancor di più serve la testa. Uno sport in cui le corse, gli scatti e i lanci vanno dosati con strategia e con intuito. Giuoco ricco di Almanacchi strabordanti di numeri e classifiche, di nomi e di città ma di poche cose che permettano di distinguere le anime che quelle storie le hanno vissute.
Storie che iniziano, quasi sempre, su campi di periferia polverosi. Le prime corse, i primi gol, le prime imprese sportive che saranno condivise con qualche compagno di banco e forse verranno notate da un allenatore di qualche scuola calcio che li prenderà in custodia per insegnare a questi piccoli ometti come diventare uomini anche continuando a correre dietro un pallone. Piccole storie di piccoli uomini che nonostante le “spalle strette” disegneranno con “coraggio e altruismo” bellissime favole.
In questo contesto rendiamo omaggio a un ragazzotto taciturno, che con grande spirito di sacrificio divenne uno dei giocatori simbolo di quel calcio romantico, lontano dal lusso e dai riflettori. Il francobollo di oggi è dedicato ad Agostino Bartolomei. Numero sette. Capitano della Roma di Liedholm e Falcão, la Roma vincitrice dello scudetto 1983/84 che perse, ai calci di rigore, l’anno successivo, la finale dell’allora “Coppa Campioni.
Eterno ragazzone di periferia, duttile interprete di un mondo fatto di scarpette dure e calci di rigore sbagliati, la cui leggera lontananza diventò talmente insostenibile da portarlo ad allontanarsi, con un tragico gesto, dai suoi affetti, dai suoi tifosi, da quella gloria terrena troppo effimera per uno che, come lui, non ebbe mai “paura di tirare un calcio di rigore”. Un piccolo francobollo per ricordare Agostino Di Bartolomei consapevoli dell’assioma cantautorale che ci insegna che non sono questi i particolari con cui un giocatore, un uomo, può esser giudicato.
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