Fare di vite umane uguali a noi, ladri col macete (vulgata leghista), o più semplicemente “clandestini” (vulgata europea), svuotare di senso quello che sta accadendo, mi ha fatto pensare a Nemes e al suo film. Ai “pezzi”, ai chili. E anche alle “quote” di vite respinte da questa Europa qui. Che pensiero è, mi chiedo, quello che calcola e ragiona su quote, numeri?

Alla fine se ragioni per quote, ragioni per chili. Chili di carne. E se ragioni per chili di carne, ragioni per pezzi. Mi è capitato di vedere Il figlio di Saul, prima opera di un giovane regista ungherese, László Nemes. Racconta la storia dei forni nazisti di Auschwitz- Birkenau. Di quella fabbrica che “eliminava” i corpi. Migliaia di corpi mai sotterrati, ma fatti sparire nei forni. Resi cenere e dispersi. «Pezzi», così nel film venivano chiamati i corpi. «Oggi arrivano mille pezzi», diceva l’ufficiale nazista. Ed in effetti quel modo di pensare in quella fabbrica concepiva “pezzi”, non vite umane. E neanche corpi, al limite, senza più vita umana, ma “pezzi”, chili, montagne. Da eliminare. Incessantemente. Non dovevano esistere e neanche essere mai esistiti.

Solo qualche mese fa, all’indomani dell’ennesima strage in mare nel Canale di Sicilia, Emma Bonino parlava di nuovi “forni liquidi”, quelli del Mediterraneo, nel quale i corpi dei migranti venivano lasciati morire. Vengono lasciati morire ancora oggi. Inutile persino recuperarli, inutile identificarli, inutile seppellirli. Sono nessuno. Tutto è diverso, certo, ma vagamente simile. Non accade oggi, lo so. Non ci sono nazisti in giro né campi di sterminio, non in Europa almeno.

Eppure fare di vite umane uguali a noi, ladri col macete (vulgata leghista), o più semplicemente “clandestini” (vulgata europea), svuotare di senso quello che sta accadendo, mi ha fatto pensare a Nemes e al suo film. Ai “pezzi”, ai chili. E anche alle “quote” di vite respinte da questa Europa qui. Che pensiero è, mi chiedo, quello che calcola e ragiona su quote, numeri? E che pensiero è quello che chiude le frontiere nel nome di quel calcolo? Quello che respinge; quello che ipotizza blocchi navali o lascia i corpi in fondo al mare perché recuperarli, calcola, è costoso e inutile. È semplice cialtroneria umana e politica o è un parente lontano lontanissimo di quel pensiero/macchina raccontato da László Nemes? Di quel pensiero che svuota, devitalizza, cosifica. Fa “pezzi”.

Quello che per esempio calcola come “salvare la Grecia” ma non i greci, come se 600mila bambini senza cibo sufficiente a vivere, 10mila suicidi dall’inizio della crisi, indigenza, paura, non esistessero. Come se la Grecia fosse invece un’entità astratta. Un “pezzo” anch’essa. Anzi un numero. Quello del suo debito. Nel film di Nemes è impressionante “l’eliminazione totale dei pezzi”, come fosse l’estremizzazione folle della mortificazione del corpo che imponeva il misticismo medievale. E non so perché, ma mi fa pensare anche alle immagini di Ventimiglia, di Milano, di Roma, di Melilla, di Lampedusa. Mi impressiona ciò che “ci si concede” vivano quelle vite umane, persino i loro corpi. Si progetta a tavolino di respingimenti (pur sapendo perfettamente che in Libia ci sono i campi di sterminio), si rinchiudono centinaia di donne, bambini e uomini in condizioni disumane(sono arrivati a cucirsi la bocca con ago  e filo in segno di protesta), si bracca, si spara persino (in Spagna), nel nome di una fortezza o di un numero, di una quota. O di una frontiera decisa da qualcun altro (calpestando Schengen e Lisbona).

Si lasciano “pezzi” in fondo al mare. Ma soprattutto si decide di non “cercarli e salvarli” più (si taglia Mare Nostrum) seguendo la ragione mostruosa del calcolo economico (l’operazione costava troppo) e di un altro calcolo indicibile. Disumano: se li salvi, poi ne arrivano altri. Tanti, troppi. Ebbene, Left non può che ridirvi che la verità umana è un’altra. Lo scrive bene Michela Iaccarino su questo numero: Che si provi a fermarli o meno, gli eroi delle stive stanno riscrivendo quella che Derek Walcott chiamava Mappa del Nuovo Mondo. «Te l’ho detto, dopo qualche giorno di viaggio non sapevo nemmeno in che Stato ero. Non so quanti Stati ho attraversato. A un certo punto ci hanno trattenuto, ammanettato e poi ci hanno detto di andarcene. Credo sia stato in Francia. Comunque nessuno di noi era disposto, certo, dopo tutto quello che avevamo passato, a tornare indietro, mai», mi ha detto Zerit, giovane eritreo. Gli eroi delle stive stanno riscrivendo la Mappa del Nuovo Mondo. Non c’è ostacolo che tenga.

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