I 6.000 lavoratori dei 21 punti vendita di Ikea in Italia sabato 11 luglio incrociano le braccia. Per Filmcams Cgil, Fisacat Cisl e Uiltucs le proposte avanzate dall’azienda al tavolo delle trattative sono «inaccettabili». Per la ridefinizione del contratto integrativo Ikea propone di: trasformare il premio aziendale fisso in elemento variabile, ridurre “drasticamente” le maggiorazioni per il lavoro domenicale e festivo e definire un nuovo sistema di gestione turni.
Insomma Ikea, per i sindacati, è un laboratorio di precarietà. «L’azienda insiste a voler mettere mano alle buste paga dei lavoratori, trasformando un elemento fisso del salario in elemento legato a indicatori variabili», ha sostenuto in un comunicato Giuliana Mesina, della segreteria nazionale Filcams CGIL. «Se questo non bastasse, ancora una volta ci hanno proposto di penalizzare i lavoratori, riducendo sensibilmente la percentuale di maggiorazione per il lavoro domenicale e festivo, affermando addirittura di essere ispirati a criteri di equità, valore che fatichiamo davvero a scorgere, se perseguito con tagli lineari a danno soprattutto dei lavoratori più fragili».
Chi è Ikea? La multinazionale del mobile low cost, fondata in Svezia nel 1943 da Ingvar Kamprad, specializzata nella vendita di mobili, complementi d’arredo e oggettistica per la casa. Attualmente, ha la sua sede legale principale a Leida, nei Paesi Bassi, mentre il suo proprietario ha posto la residenza in Svizzera per protestare contro le tasse troppo alte pagate in Svezia. Il colosso è presente in 42 Paesi con 345 punti vendita, in Europa, dove realizza il 70% del suo fatturato, ma anche negli Stati Uniti, in Canada, in Asia e in Australia. Al 2013 il gruppo risultava avere 151.000 collaboratori con un management composto per il 47% da donne e un fatturato annuale di oltre 29 miliardi. In Italia Ikea ha 21 punti vendita, oltre 6.000 dipendenti e un fatturato di 1,64 miliardi di euro. L‘Italia è il terzo paese da cui Ikea acquista le materie prime per la produzione degli arredi, dopo Cina e Polonia: 24 aziende italiane forniscono Ikea.
Ikea non è nuova a scioperi e pratiche non delle migliori, ecco qualche precedente
Dopo un anno di trattative sul trattamento salariale dei lavoratori Ikea, si arriva anche allo sciopero per protestare contro il licenziamento di alcuni lavoratori ritenuto ingiustificato.
Nella Columbia Britannica, le confederazioni ottengono, dopo una serie scioperi, la modifica di un contratto che sottopagava i lavoratori. Sempre in Canada, a Richmond, il braccio di ferro nel 2014 è durato un anno e un centro Ikea tenuto aperto da 25 lavoratori mentre altre centinaia scioperavano (la foto in alto è quella di un picchetto proprio davanti allo store di Richmond)
I camionisti di entrambi i Paesi hanno protestato davanti gli store Ikea dopo aver perso il lavoro a causa dell’utilizzo dei loro colleghi dell’est, protetti da meno diritti e meno costosi.
I sindacati hanno protestato contro i limiti e gli ostacoli imposti dalla multinazionale all’organizzazione sindacale all’interno dei suoi store.
Anche in Italia ci sono già stati dei “precedenti”: bassi salari, lettere di richiamo ritenute eccessivamente severe e certificazioni dei medici aziendali sulle condizioni di salute dei lavoratori talvolta in contrasto con quelle dei medici delle Asl.
I lavoratori del negozio di Roma Anagnina hanno scioperato nel settembre e novembre 2007, denunciando irregolarità contrattuali e intimidazioni.
A Porta di Roma, hanno ripetutamente scioperato tra il 2007 e il 2008 per motivi affini e per le imposizioni, unilaterali, dell’azienda, nei loro confronti.
Scontri al polo logistico tra la polizia e alcuni lavoratori di una cooperativa con appalto sui servizi di facchinaggio, che operava presso il punto vendita, per problemi legati alle condizioni salariali e, secondo alcuni, alla decisione di Ikea di diminuire la forza lavoro. Ikea ha poi comunicato che nessun dipendente della cooperativa è stato licenziato.
Le inchieste scomode su Ikea
1994, il Corriere della sera ricordò il passato filonazista del fondatore di Ikea, Ingvar Kamprad.
2006, Le Monde diplomatique mette in discussione la trasparenza della società, segnalando l’impossibilità di conoscere il reale bilancio consolidato del gruppo a causa di artifici e mascheramenti della sua proprietà.
2007, l’Ong belga Oxfam–Magasins du monde apre un’inchiesta per fare chiarezza sulle lavorazioni dei prodotti Ikea, sul funzionamento degli approvvigionamenti e sulle effettive condizioni lavorative degli impiegati dei suoi subappaltatori. Ne emerge che le lavoratrici di alcune fabbriche in subappalto in Paesi asiatici lavorano fra le 80 e le 90 ore settimanali e ricevono un salario al minimo legale: in India 37 euro al mese, in Bangladesh 11 euro al mese, in Vietnam 43 euro al mese. E sono prive di tutela sindacale.
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