Presentato il programma del Festival internazionale del cinema di Venezia 72

Due registi già Leone d’oro come Sai Ming-Lian e Aleksandr Sokurov con Francofoni ambientato al Louvre (dopo il geniale piano sequenza di Arca Russa girato all’eremitaggio) e autori come  Waiserman, Egoyan, Gitai e Kaufman sono fra i protagonisti della 72esima mostra d’arte cinematografica di Venezia che quest’anno si tiene al Lido di Venezia dal 2 al 12 settembre, diretta da Alberto Barbera. Con meno film ma – sulla carta – puntando sulla qualità, anche quando si tratta di film di genere come Black Mass diretto da Scott Cooper  protagonista da Johnny Depp in versione gangster o come il nuovo divertente corto di Martin Scorsese con Robert De Niro. S’intitola The Audition e racconta l’apertura di un parco a tema sul cinema con tanto di casinò, a Macao.

In tutto si contano 22 pellicole in concorso, 16 fuori concorso, 18 nella sezione Orizzonti, 16 corti in competizione. Fortissima, anche numericamente, la presenza di registi italiani, a cominciare dai quattro titoli in gara: il film storico Sangue del mio sangue di Marco Bellocchio, storia di uomo d’armi, con un gemello prete, entrambi sedotti da una suora. E poi A bigger splash di Luca Guadagnino, remake forse “impossibile” del film La Piscina , con Tilda Swinton, Ralph Finnes e Dakota Johnson, nei ruoli che furono di Alian Delon e Romy Schneider. Mentre il film Io sono l’amore dell’esordiente Piero Messina, ex assistente di Sorrentino, indaga l’universo femminile affidandosi a Juliette Binoche come protagonista. Valeria Golino invece è la protagonista del film di Giuseppe Gaudino, Per amor vostro, storia di una Madame Bovary dei nostri giorni in fuga dalla famiglia claustrofobica. Mentre nelle sezioni più di ricerca come la Settimana della Critica e in quella degli autori s’incontrano Adriano Valerio e poi un “cantastorie” impegnato come Ascanio Celestini, un regista attento alla forma quanto a storie sociali come Vincenzo Marra. E ancora cinema italiano in altre sezioni fuori concorso come il film postumo di Claudio Caligari, Non essere cattivo, prodotto da Valerio Mastandrea e nella sezione documentari Gli uomini di questa città io non li conosco di Franco Maresco. Dulcis in fundo una curiosità: fra gli esordienti spuntano nomi di star della musica d’avanguardia come Laurie Anderson con Heart of a Dog un film sulla perdita, indirettamente dedicato al musicista Lou Reed, il compagno di molti anni.

 

 La carica degli italiani

Non solo kolossal e film d’azione alla 72esima mostra internazionale del cinema a Venezia ma, dal 2 al 12 settembre, anche tanto cinema d’autore che non disdegna l’impegno. Soprattutto nelle sezioni “collaterali”. Qui incontriamo, per esempio, Ascanio Celestini con un film sul Quadraro, lo storico quartiere romano della Resistenza, e Vincenzo Marra, che a Venezia fu premiato nel 2001 per Tornando a casa, struggente film su migranti e pescatori e quest’anno presenta La prima luce, film molto personale su un bambino conteso fra genitori e Paesi lontani. E poi ancora, Antonio Capuano che racconta la dura realtà napoletana di Bagnoli, e Franco Maresco (da tempo senza Ciprì) con un intenso ritratto di Franco Scaldati, regista e drammaturgo, capace di coinvolgere la gente dell’Albergheria con il suo teatro poetico e visionario, vissuto come «una forma d’arte che implica immediatamente l’uomo, che obbliga a incontrarsi e scontrarsi». Un’altra proposta d’autore “siciliana” la troviamo invece in concorso. Si tratta dell’esordio del trentenne Piero Messina, con il film L’attesa. Ambientato in una antica villa dell’entroterra, questa opera prima ruota intorno a un complesso personaggio femminile interpretato da Juliette Binoche. Anna è una donna matura che ha vissuto un grave lutto e vive di memorie, quando spunta una ragazza, Jeann (Lou de Lâge) che dice di essere la fidanzata di suo figlio, e da qui inizia un percorso di ritorno alla vita. Film dalle immagini evocative, d’impronta francese, lontano dal registro grottesco e caricaturale de La grande bellezza e di altri film di Paolo Sorrentino, di cui Messina è stato aiuto regista. In concorso troviamo inoltre Il viaggio del giovane Adriano Valerio che ha già avuto riconoscimenti ai David ma anche a Cannes per un corto. In questo film racconta di due ragazzi, l’agronomo Ivo (Edoardo Gabriellini) e Clara che ha studiato per fare la restauratrice (Elena Radonicich) in fuga da una regione, la Puglia, che non offre loro possibilità di lavoro. La loro meta? Sarà la Romania lungo una via di emigrazione percorsa al contrario rispetto a tanti romeni che arrivano in Italia in cerca di un lavoro.

Come accennavamo, anche quest’anno, è la Settimana della critica ad offrire una panoramica di proposte d’autore, impegnate e coraggiose. A cominciare dal premio a Peter Mullan, attore in film di Ken Loach come Riff Raff e My Name Is Joe ma soprattutto regista di Magdalene (Leone d’oro nel 2002): il film denuncia sulle violenze, fisiche e psichiche, perpetrate da suore su ragazze madri all’interno di conventi irlandesi e in qualche modo apre la corsa a Spotlight, il film fuori concorso di Tom McCarthy basato sull’inchiesta del Boston Globe su Chiesa e pedofilia . Quanto a Mullan a Venezia viene presentato il film con cui esordì nel 1998, ovvero Orphans in cui raccontava senza infingimenti la storia, tragicomica e in parte autobiografica, di quattro fratelli dalla personalità molto differenti che si ritrovano in occasione della morte della madre.

A proposito di Settimana della critica, Antonio Capuano vinse il premio nel 1991 per Vito e gli altri, film sulla difficile vita dei bambini di strada a Napoli. E, dopo molto cinema indipendente, il regista e pittore partenopeo torna a Venezia con Bagnoli Jungle, che racconta un territorio difficile come quello dell’ex area siderurgica, attraverso un confronto di generazioni che non si sono non arrese al degrado della periferia del capoluogo partenopeo.

Ed è una storia dura, fatta di ricerca di espedienti per campare ma anche di cadute nel buco nero della depressione quella che narra poeticamente Ascanio Celestini, con molto amore per la gente del quartiere dove è nato e cresciuto, nel film Viva la sposa,  presentato durante la Settimana degli autori a Venezia. Un film, come racconta lui stesso nelle note di regia, «girato in poche centinaia di metri al Quadraro», il “nido di vespe” che i tedeschi cercarono di azzerare nel ’44. Un posto dove ancora oggi, «credi che la città finisca, e dove invece ricomincia, nemica, ricomincia per migliaia di volte, con ponti e labirinti, cantieri e sterri, dietro mareggiate di grattacieli, che coprono interi orizzonti». Il film ha come protagonista Alba Rohrwacher, mentre Celestini interpreta Nicola, «che passa il tempo bevendo. Facendo finta di smettere di bere». Ognuno in questo quartiere popolare s’ingegna come può per sbarcare il lunario, qualcuno fa doppi e tripli lavori, qualcun altro truffa le assicurazioni, finché «passa una bellissima donna bionda tra le vite di poveri cristi. Una sposa che fa voltare tutti. Guardare la sposa li aiuta a sopravvivere», annota il regista, autore e attore del film, «ma poi la vita vera è un’altra».

Il filo rosso della riflessione politica e sociale, in pellicole dalla forte impronta autoriale, percorre le scelte della Settimana della critica anche riguardo al panorama internazionale. Ad anticipare i sette film in concorso, per esempio, sarà il film Jia (The Family) di una regista esordiente Liu Shumin, di origine cinese, che vive in Australia. Il suo film, realizzato con attori non professionisti, racconta la vita di due anziani genitori, in una Cina divisa fra il rispetto delle tradizioni e i rapidi cambiamenti imposti da un’economia capitalistica. Dalla Cina a Singapore, con il film The Return di Green Zeng che invece racconta di un uomo che torna a casa ormai vecchio dopo essere stato lunghi anni in prigione perché comunista. Anche in questo caso il protagonista dovrà fare i conti con una realtà che completamente mutata nel suo Paese. E ancora. Nella Settimana della critica sarà presentato per la prima volta un lungometraggio nepalese. Anche questo un debutto. Si tratta dell’esordio nel lungometraggio del regista Min Bahadur Bham che in The Black Hen racconta le vicende di due bambini e della loro gallina in un villaggio in cui si affrontano governo e guerriglieri maoisti negli anni 90. Lo sguardo però non è sulla guerra, ma sulle avventure dei due piccoli che riescono nonostante tutti a conservare spazi di vita, di gioco e di avventura. Infine, fra altre proposte che lo spettatore potrà scoprire nel programma della rassegna organizzata dall’associazione dei critici cinematografici, segnaliamo un film turco. Si tratta di Motherland della regista Senem Tuzen, che racconta la lotta contro antichi pregiudizi di una scrittrice, Nesrin, che dopo due matrimoni e un aborto decide di tornare a visitare il suo paese d’origine, per confrontarsi con chi ci vive ancora.

locandina2015

 

 

 

 

 

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I numeri del Festival

I nuovi lungometraggi della Selezione Ufficiale sono 55
così suddivisi:
·21 in Venezia 72 (Concorso)
·16 Fuori Concorso (di cui 9 documentari)
·18 in Orizzonti
I cortometraggi sono 16
così suddivisi:
·Fuori Concorso
·15 in Orizzonti
·   14 in Orizzonti – Concorso
·in Orizzonti – Fuori Concorso
Venezia Classici
  20 lungometraggi di cui 18 restaurati
    1 cortometraggio restaurato
    8 documentari sul cinema
Numero dei titoli visionati
  3193 di cui:
  1740 lungometraggi
  1453 cortometraggi

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