Finalmente anche in Italia si può guarire dal virus Hcv, il virus dell’epatite cronica. Centinaia di migliaia le persone affette, per le quali finalmente si apre il varco di una guarigione insperata. Solo un piccolo dettaglio frena gli entusiasmi: il prezzo della terapia. Un combinato di “farmaci miracolosi” per la loro efficacia (95% di possibilità di guarigione) con a capo il sofosbuvir (nome in commercio Sovaldi), dai prezzi talmente folli che lo Stato italiano, attraverso l’Aifa, ha stretto accordi che per ora potranno curare, un po’ alla volta, solo una parte dei pazienti più compromessi: 50.000 dei 250mila gravi.
Questi farmaci, potrebbero cambiare la vita di quasi un milione di persone in Italia e del sistema sanitario a loro connesso. Ma quali sono le ragioni che hanno determinato un prezzo del genere? Come mai un terapia così importante, che potrebbe salvare la vita a milioni di persone, è così inaccessibile? Chi ci perde e chi ci guadagna? E come mai in altri Paesi è possibile comprare il farmaco a prezzi stracciati, come in Egitto o in India, dove il costo è di un dollaro a pillola contro gli 800 euro nostrani?
Queste sono alcune delle domande dalle quali è partita la nostra indagine, questa settimana in edicola su Left.
L’epatite C è una malattia finora troppo poco conosciuta dal grande pubblico così come, spesso, dagli stessi ammalati, per una sua caratteristica subdola: la sua apparente asintomaticità. In realtà così non è, perché il fisico, più o meno lentamente a seconda dell’aggressività del virus e del comportamento individuale, si deperisce, si consuma. Debolezza, dolori articolari, prurito cutaneo, dolore muscolare, mal di stomaco e ittero accompagnano la persona per anni. E poi ancora neuropatie, crioglobulinemia e altre degenerazioni dovute all’infiammazione e al malfunzionamento del fegato. Più o meno silenziosamente, nel corso del tempo, l’epatite C può portare a problemi sempre più gravi, tra cui danni al fegato, cirrosi, insufficienza epatica o epatocarcinoma, tumore del fegato.
Proprio a causa della sua alta epidemiologia, è il primo motivo di trapianto di fegato nel nostro Paese. Più del 50% dei trapianti sono effettuati per conseguenza dell’epatite C.