Tonnellate di cibo buttate via nella Roma della Dolce Vita. Fino a quando quattro amici e una onlus non inventano Equoevento. Il loro motto? “Aggiungi un pasto a tavola”.

Quante volte vi è capitato di pensare allo spreco legato a grandi occasioni? Eppure, tonnellate di cibo hanno continuato a fluire nella spazzatura. Fino a quando, questa domanda non se la sono posta loro, quattro ragazzi tra i 27 e i 30 anni, tutti liberi professionisti, tutti romani e tutti stanchi di veder la discrepanza insensata che divide la città della Dolce vita dalla povertà che deve elemosinare perfino un bene primario come il pasto. Ed è proprio attraverso il cibo che avviene l’incontro fra i due mondi. A fare da ponte: 4 amici muniti di furgoncino e una piccola onlus. Equoevento, questo il nome, è un’organizzazione senza scopo di lucro, nata ufficialmente il 27 gennaio del 2014 dall’esigenza di porre rimedio a una sperequazione per loro intollerabile fra il mondo benestante e l’abisso della povertà.

Motto: “Aggiungi un pasto a tavola”. “Una volta a un matrimonio abbiamo chiesto a un cameriere che fine facessero tutti i vassoi pieni di cibo che tornavano in cucina. Ci ha indicato il cestino dell’immondizia”, racconta Giulia Proietti, avvocatessa e presidente dell’associazione. E semplicemente, hanno detto basta.

Non siamo il Paese del doggy-bag: siamo il Paese in cui ci si vergogna a chiedere di farci incartare una porzione troppo abbondante di cibo, ma nel quale non si ha il minimo scrupolo nel buttare via tonnellate di alimenti. Il nutrimento dei 6 milioni e 20 mila poveri (dati Istat) esistenti in Italia non è certo in cima all’agenda del governo, eppure è un problema che ognuno di noi deve affrontare almeno una vota al giorno. Ma non a tutti questo va bene, così Giulia, Francesco Colicci, Carlo De Sanctis e Giovanni Spatola – rispettivamente avvocatessa e avvocato, architetto e web designer – sottraendo tempo alle loro professioni, si sono rimboccati le maniche e in un anno (nove mesi operativi, tolto il tempo per sbrigare le necessarie pratiche burocratiche di avviamento) Equoevento ha raccolto 30.000 pasti, consegnati in oltre 20 strutture caritatevoli diverse (case famiglia, mense per poveri, centri di accoglienza per rifugiati, ecc), sparse per la Capitale.

Con quasi 100 eventi coperti solamente nella capitale, con una media di 250 pasti per avvenimento – che significa oltre 10.000 persone nutrite con cibo di ottima qualità – Equoevento sta diventando un marchio certificatore di qualità per i banchetti della Roma mondana. Tanto che sono gli organizzatori degli stessi a mettersi in contatto con la piccola onlus, così da assicurare al proprio avvenimento un valore etico e solidale. Neanche a dirlo: un brand che con la Roma radical- chic si sposa a pennello. Tanto che a Natale, due grandi alberghi romani, in contatto con Equoevento, hanno accettato di offrirsi per cucinare il pranzo di Natale destinato alla mensa di Sant’Egidio: «Un pasto vero e proprio, non eccedenze. Hanno cucinato appositamente per noi, cioè per loro: coniglio con funghi porcini, arista di maiale, patate, crostate di mirtilli», racconta Carlo, architetto e cofondatore dell’associazione.

Un circolo virtuoso che conviene a tutti: ai ricchi, che si sentono probabilmente orgogliosi di dare un valore alla loro opulenza, alle donne e agli uomini troppo spesso dimenticati dalla società a cui per natura e diritto apparterrebbero, e in particolare alle mense, ai centri di accoglienza e al catering, sollevati dall’incarico di recuperare il cibo nel primo caso, e smaltirlo nel secondo.

Ma come funziona? Niente di più semplice: i ragazzi partecipano all’evento, in accordo col catering raccolgono il cibo in eccedenza, che viene sistemato negli appositi contenitori alimentari, e una volta caricato nel furgoncino – rigorosamente a idoneo al trasporto di cibo, secondo le norme dell’igiene e sanitarie – si parte.

Ed ecco che lauti banchetti che altrimenti andrebbero sprecati, trasportati ancora caldi, diventano un pasto più che apprezzato nel centro di accoglienza: ed è qui che inizia la vera festa. «Una notte portiamo ottimo cibo ad un centro, sarà stata l’una. Ci apre come sempre una vecchietta molto carina, 92 anni e 1 metro e 30 di altezza, tutta minuta che mette abitualmente in riga i senzatetto senza alcun timore. Era notte fonda, ma si sono svegliati tutti e sono scesi in sala da pranzo per mangiare. Praticamente, mentre il matrimonio dal quale avevamo ritirato il cibo era in dirittura d’arrivo, loro hanno fatto una sorta di seconda festa lì nel centro», racconta Carlo. Sorride e aggiunge: «Finisce una festa e ne inizia un’altra». Un altro momento parti- colarmente emozionante, raccontano, è stato quando gli chef stellati dell’Hilton «hanno fatto riaprire le vaschette piene di rigatoni all’amatriciana destinate ai poveri perché mancava la spolverata finale di pecorino» oppure «quando Silvia e Mauro, sapendo che le eccedenze del loro matrimonio erano destinate ai bisognosi, hanno fatto preparare una seconda torta nuziale, per essere sicuri che si sarebbe festeggiato anche alla mensa». Naturalmente, è tutto a titolo gratuito: il ritiro dei pasti in eccedenza non ha costi aggiuntivi per chi organizza l’evento, salva la possibilità di effettuare donazioni a sostegno dell’associazione (unica maniera in cui i ra-gazzi rientrano delle spese per la benzina e altri costi). Il trasporto dei pasti è a carico di Equoevento.

Non solo, gli enti caritatevoli vengono alleviati anche in termini economici: il risparmio calcolato per gli enti di settore è stimato in 5 euro per 20 pasti. Ciò significa che le risorse liberate sono reinvestite da questi enti in medicine e altre forme di beni per i bisognosi. Al di là della praticità e della qualità del servizio gratuitamente offerti, c’è un bene prezioso che viene tutelato e restituito da questo servizio: la qualità umana: «Il meno abbiente potrà mangiare lo stesso pasto caldo del ricco, preparato dai migliori chef». Questo ci fa sentire un po’ più uguali, e soprattutto introduce un concetto importante e che sembra essere dimenticato in Italia, non solo dalla politica ma anche dalla società che si vuol dire civile: «Condividere i propri pasti con persone meno fortunate significa esimersi dal giudicare persone disagiate ponendosi sullo stesso piano come esseri umani».

Tre i capisaldi di questo gesto civile: la solidarietà, l’ambiente e l’equità. «siamo convinti che vivere nella società presupponga la capacità di venire incontro alle esigenze dei più bisognosi, e che questo dipenda solo da noi», spiegano. Un concetto di una semplicità sconfortante, se si pensa a quanto potrebbe essere semplice il gesto di rifiutare lo spreco. «Siamo riusciti a recuperare cibo dagli eventi più disparati: dalla Convention Cinque Stelle del Circo Massimo, alle prelibatezze dei banchetti dei matrimoni; dal convegno aziendale, alla cena di Natale della AS Roma, o di Bulgari. In otto mesi abbiamo recuperato e portato sulle mense dei poveri le prelibatezze più ricercate, dal carpaccio di polipo alla pasta al tartufo, passando per 100 porzioni di spigola al forno, 20 chili di filetti in salsa di funghi, ma anche melanzane alla parmigiana, olive ascolane e molte altre vere chicche culinarie, che per un giorno hanno fatto la felicità dei meno fortunati.»

Calcolando che sono 50.000 le occasioni di questo tipo che vengono organizzate a Roma ogni anno, non c’è da stupirsi se i ragazzi stanno cercando volontari (per ora sono arrivati a quota 20), ed è straordinario quello che l’associazione benefica potrebbe fare andando avanti e ingrandendosi. Il percorso è già iniziato: con una nuova sede a Milano, ora si conta di aprire anche in Sicilia.

Apartitica e laica, l’organizzazione deve districarsi fra gli squali esistenti anche in questo mondo. è un mercato, quello della povertà, che non si vuole spartire: il lustro a basso costo è una facile preda. Così, Equoevento seleziona accuratamente i propri partner: fra questi Banco Alimentare e il patrocinio del Comune di Roma.

Ma l’unico vero sostegno di cui hanno bisogno, è la partecipazione dei singoli: «Speriamo che solidarietà e coscienza diventino pratica abituale nella vita quotidiana delle persone». Niente di più.

(da Left numero 3)

Impicciarsi di come funzionano le cose, è più forte di lei. Sarà per questo - o forse per l'insanabile e irrispettosa irriverenza - che da piccola la chiamavano “bertuccia”. Dal Fatto Quotidiano, passando per Narcomafie, Linkiesta, Lettera43 e l'Espresso, approda a Left. Dove si occupa di quelle cose pallosissime che, con suo estremo entusiasmo invece, le sbolognano sempre: inchieste e mafia. E grillini, grillini, grillini. Dalla sua amata Emilia-Romagna, torna mestamente a Roma, dove attualmente vive.