Me l’immagino com’è andata quando è arrivato in Italia. -Comme te chiamm’? -Anatolij. Gli hanno chiesto da dove veniva, ma hanno continuato a ritenerlo albanese o polacco nonostante lui ripetesse di essere ucraino. - Comm ‘a ritt che te chiamm? - Anatolij. - Ah, Antonio… Vien ‘accà Anto’, damme ‘na mano. Così, alla decima persona che scambiava Anatolij per Antonio lui si è arreso. “Va bene – avrà pensato –: Se per voi sono albanese io ci sto. Se per voi sono Antonio ci sto. Purché la smettiate di aver paura di me”. Dalle mie parti succede a tanti migranti. Un mio amico Lazhar, per qualche strano motivo, è diventato addirittura Vincenzo. Immagino anche il momento in cui Anatolij ha visto i rapinatori in azione. La figlioletta al suo fianco avrà percepito qualcosa, ma non dev’essersi spaventata più di tanto. Il papà ha subito tentato di metterla al riparo… Il buon senso avrebbe voluto che si mettesse anche lui in disparte facendole scudo, che uscisse subito dal negozio, fuggendo il più lontano possibile. “Proteggo ciò che mi appartiene. D’altro canto il conto l’ho pagato” avrebbe dovuto pensare. Probabilmente è quello che avrei fatto anch’io. Nascondermi, scappare portando la mia bimba al sicuro. Per paura e per buon senso. Invece non è andata così. Anatolij-Antonio avrà ripercorso in un baleno i suoi primi anni in Italia, avrà pensato alla “fatica” fatta per comprare le poche cose messe nel carrello. E soprattutto alla fatica di farsi riconoscere (pur con un nome diverso dal suo) da quella cassiera come cliente abituale e non come potenziale “malintenzionato”. Avrà pensato che, in fondo, anche quel discount di Castello di Cisterna un po’ gli apparteneva, era un pezzo della comunità dove avrebbe cresciuto i figli, quella stessa che lo costringeva ad “arrangiarsi” in edilizia, che storpiava il suo nome, ma che in fondo non aveva più tanta paura di lui. Gli è costata cara, certo. Ma penso che la vera scelta di buon senso l’ha fatta lui, Anatolij Korov detto Antonio. Lanciandosi contro il rapinatore per difendere luoghi e persone che, pur con mille limiti, gli appartenevano pur non essendo casa sua o la sua famiglia. Questo non è eroismo, questo è buon senso. Le nostre invece sono soltanto paure mascherate.
[social_link type="twitter" url="https://twitter.com/RaffaeleLupoli" target="on" ][/social_link] @RaffaeleLupoli

Me l’immagino com’è andata quando è arrivato in Italia.
-Comme te chiamm’?
-Anatolij.
Gli hanno chiesto da dove veniva, ma hanno continuato a ritenerlo albanese o polacco nonostante lui ripetesse di essere ucraino.
– Comm ‘a ritt che te chiamm?
– Anatolij.
– Ah, Antonio… Vien ‘accà Anto’, damme ‘na mano.

Così, alla decima persona che scambiava Anatolij per Antonio lui si è arreso. “Va bene – avrà pensato –: Se per voi sono albanese io ci sto. Se per voi sono Antonio ci sto. Purché la smettiate di aver paura di me”. Dalle mie parti succede a tanti migranti. Un mio amico Lazhar, per qualche strano motivo, è diventato addirittura Vincenzo.

Immagino anche il momento in cui Anatolij ha visto i rapinatori in azione. La figlioletta al suo fianco avrà percepito qualcosa, ma non dev’essersi spaventata più di tanto. Il papà ha subito tentato di metterla al riparo… Il buon senso avrebbe voluto che si mettesse anche lui in disparte facendole scudo, che uscisse subito dal negozio, fuggendo il più lontano possibile. “Proteggo ciò che mi appartiene. D’altro canto il conto l’ho pagato” avrebbe dovuto pensare. Probabilmente è quello che avrei fatto anch’io. Nascondermi, scappare portando la mia bimba al sicuro. Per paura e per buon senso.

Invece non è andata così. Anatolij-Antonio avrà ripercorso in un baleno i suoi primi anni in Italia, avrà pensato alla “fatica” fatta per comprare le poche cose messe nel carrello. E soprattutto alla fatica di farsi riconoscere (pur con un nome diverso dal suo) da quella cassiera come cliente abituale e non come potenziale “malintenzionato”. Avrà pensato che, in fondo, anche quel discount di Castello di Cisterna un po’ gli apparteneva, era un pezzo della comunità dove avrebbe cresciuto i figli, quella stessa che lo costringeva ad “arrangiarsi” in edilizia, che storpiava il suo nome, ma che in fondo non aveva più tanta paura di lui.

Gli è costata cara, certo. Ma penso che la vera scelta di buon senso l’ha fatta lui, Anatolij Korov detto Antonio. Lanciandosi contro il rapinatore per difendere luoghi e persone che, pur con mille limiti, gli appartenevano pur non essendo casa sua o la sua famiglia. Questo non è eroismo, questo è buon senso. Le nostre invece sono soltanto paure mascherate.

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