Prove fotografiche mostrano che i Russi sono entrati in Siria per supportare militarmente il regime di Assad. Come e perché la superpotenza di Mosca ha deciso di entrare in gioco e con quale scopo.

«Riteniamo che i russi stiano realizzando una base aerea avanzata in Siria, nei pressi dell’aeroporto di Latakia» ha dichiarato nella giornata di lunedì Jeff Davis, portavoce del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. La struttura destinata ad ospitare aerei, elicotteri, fanteria navale e carri armati costituirà la più significativa presenza militare russa in Medio Oriente degli ultimi decenni. Inoltre fonti militari non ufficiali del Pentagono hanno riferito all’agenzia Reuters che a protezione dei lavori e del personale della base, i russi avrebbero già posizionato 7 carri armati T-90 e artiglieria. A ulteriore supporto alla tesi della presenza di soldati russi in Siria sono apparsi numerosi selfie di soldati russi in viaggio verso la Siria a fianco di poster propagandistici che ritraggono Assad, pubblicati da Foreign Policy, il magazine di politica internazionale del Washington Post, che ha titolato «i russi sono in Siria. E noi abbiamo i selfie che lo provano!».

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Una delle immagini postate su Vk, il facebook russo, dai soldati inviati in Siria dal Cremlino.
Qui un militare posa vicino a un poster del dittatore Bashar al-Assad 

La stessa testata ha inoltre pubblicato un’immagine dal satellite della zona di Latakia che costituirebbe un’ulteriore prova delle manovre russe in territorio siriano.

 

«Questa immagine non lascia dubbi che la Russia stia introducendo truppe e mezzi armati in Siria»

Con questa mossa la Russia, dopo l’Iran, entra ufficialmente nel conflitto siriano a difesa del regime di Damasco e scombina nuovamente i piani di tutti gli Stati già implicati, in particolar modo degli Usa e d’Israele.

Perché la Russia vuole entrare nel conflitto?

Le azioni della Russia sollevano una domanda ovvia: cosa spinge il presidente Vladimir Putin a investire risorse militari ed economiche per difendere il regime di Assad, quando ancora non è riuscito a trovare una via d’uscita alla crisi in Ucraina?
Stephen Blank, esperto di politica estera russa presso il Consiglio di politica estera americana sostiene che: «il Medio Oriente in passato è stato sempre un luogo dove i russi hanno svolto un ruolo di grande potenza, al pari degli Stati Uniti. Dopo vari decenni di assenza, adesso hanno la possibilità di imporsi nuovamente nella Regione. Mosca sarebbe entusiasta di far parte di un’alleanza sciita che comprenda Iran, Russia, Siria e Iraq, per cementare il proprio potere in Medio Oriente». Negli ultimi tempi vi è stato un forte avvicinamento di Mosca a Teheran, a partire dalla vendita di missili S-300 all’Iran e dall’apertura di un corridoio aereo tra i due stati. Siccome proprio per l’Iran il regime di Damasco è fondamentale come base avanzata in Medio Oriente, è chiaro che la mossa russa sia volta a favorire non solo gli interessi siriani ma anche quelli iraniani.
Blank ritiene inoltre che per assicurare la continua influenza di Mosca in Siria i russi sono determinati a creare un ‘conflitto congelato’, aiutando il regime di Assad a mantenere il controllo delle province alawite, come Latakia e Tartus sulla costa, che per motivi storico-religiosi hanno sempre rappresentato il cuore del consenso del dittatore.


 «Il Medio Oriente in passato è stato sempre un luogo dove i russi hanno svolto un ruolo di grande potenza, al pari degli Stati Uniti. Dopo vari decenni di assenza, adesso hanno la possibilità di imporsi nuovamente nella Regione. Mosca sarebbe entusiasta di far parte di un’alleanza sciita che comprenda Iran, Russia, Siria e Iraq, per cementare il proprio potere in Medio Oriente»

Stephen Blank, esperto di politica estera russa presso il Consiglio di politica estera americana

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La scelta di Latakia come avamposto non sarebbe quindi casuale, evidenzierebbe una precisa strategia russa all’interno del conflitto. Sotto un’immagine che mostra le foto dell’area prima e dopo l’entrata delle truppe di Mosca nella regione.



Inoltre, afferma Blank, Putin si sente ancora tradito dall’Occidente per il rovesciamento dell’alleato Gheddafi. Di conseguenza non vuole che un altro stretto alleato venga rovesciato dagli Usa e dai paesi dell’area, come la Turchia e i paesi del Golfo, che secondo la sua visione forniscono armi all’opposizione siriana per conto degli Stati Uniti.
La posizione degli Stati Uniti
Il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest ha rilasciato un’intervista ai giornalisti sull’Air Force One sostenendo che: «qualsiasi sostegno russo al dittatore al-Assad sarebbe destabilizzante e controproducente». Ha così ribadito la posizione anti regime già sostenuta da Kerry nelle ultime settimane a seguito di numerose conversazioni telefoniche con il ministro degli esteri russo Lavrov. In queste occasione Kerry ha sostenuto che: «il rafforzamento delle posizioni militari della Russia in Siria potrebbe portare ad un’escalation del conflitto nella regione, a maggiori vittime tra i civili, ad un aumento del flusso di profughi e alla minaccia di un confronto con la coalizione che si batte in Siria contro lo Stato Islamico».


 «Qualsiasi sostegno russo al dittatore al-Assad sarebbe destabilizzante e controproducente»

 Josh Earnest, portavoce della Casa Bianca

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Nell’ultima telefonata tra i due, Kerry ha chiarito ai russi che: «gli Stati Uniti sono impegnati nel combattere lo Stato Islamico con una coalizione di più di 60 paesi, di cui Assad non potrà mai essere un membro credibile. Ci auguriamo che la Russia assuma un ruolo costruttivo negli sforzi portati avanti contro l’Is». Un monito al governo russo in vista del dibattimento previsto a fine settembre sul conflitto in Siria a New York nell’ambito dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il Cremlino arriverà all’incontro cercando di sfruttare a proprio vantaggio l’ingresso nel conflitto siriano e la comune lotta contro l’Is per formare una futura coalizione anti-jihadista con Washington e riacquistare potere diplomatico nei confronti degli Usa. Potrebbe essere la carta vincente per limitare i danni internazionali scaturiti dalla crisi ucraina. Il portavoce del Dipartimento di Stato John Kirby ha affermato a tal proposito che: «I russi stanno fornendo maggiore assistenza ma il loro intento finale non è ancora chiaro. Quello che vorremmo vedere è un movimento verso una transizione politica stabile, perseguibile di concerto con le autorità russe. Questo può essere fatto solo se la Russia non favorisce apertamente il regime di Assad».

La preoccupazione di Israele e degli Stati Arabi.

La mossa russa preoccupa notevolmente anche Israele e l’asse arabo che comprende Egitto, Arabia Saudita e Giordania. Con l’ingresso in campo della Russia al fianco di Assad e dell’Iran, Israele dovrà trovare un modo per impedire al gigante russo di sostenere e proteggere la posizione dell’Iran in Siria e in Libano. Secondo fonti di Rights Reporter sono previsti nelle prossime settimane diversi incontri tra israeliani e arabi, presumibilmente in Giordania, per decidere cosa fare.