C’è un dato sostanziale a poche ore dalle elezioni greche, guardando i numeri usciti dalle urne e ancora prima di leggere i soliti commenti dei soliti illuminati: la distanza siderale tra la narrazione della Grecia e di Tsipras arrivata fin qui e il quadro uscito dalle urne. Tsipras in pochi mesi è passato dall’essere il messia di una nuova sinistra europea, poi il volto pubblicitario dei No-Euro (strumentalizzato addirittura a destra, per rendere l’idea) fino al “grande traditore” che ha ceduto alla Germania, bersagliato dai giudizi non proprio benevoli dei suoi due ex ministri Varoufakis e Lafazanis. In mezzo a tutto questo ci sono state due elezioni nello stesso anno, un referendum, un rapporto difficile con l’Europa per un accordo strappato all’ultimo momento e la speranza di molti che l’effetto Tsipras appassisse, che davvero potesse essere la dimostrazione che non ci sia l’alternativa all’austerità, che la sinistra per sopravvivere debba essere per forza “venduta”.
Il racconto della notte ad Atene di Luca Sappino
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Eppure i numeri, chiarissimi, ci dicono che Alexis Tsipras (e Syriza) è l’unico leader che conferma il consenso per tre volte in pochi mesi, ci dicono che la visione di un’Europa come unione di popoli prima che di banche si conferma nonostante il prezzo altissimo dell’ultimo accordo che la Merkel e i suoi hanno sottoposto al popolo greco e ci dice che la sinistra non convince solo se gioca ad essere più a sinistra degli altri ma (e soprattutto) quando riesce a rimanere in costante contatto con i propri elettori.
Oggi, sicuro, qui da noi festeggeranno Tsipras più o meno tutti quelli che da un anno non riescono a mettersi intorno ad un tavolo per formare un progetto di governo serio, esulteranno fingendo di non sapere che il processo innescato da Tsipras (e verificato di continuo) non ha nulla a che vedere con noi che viviamo la politica europea con l’occhio miope dei tifosi e dei fans.
Pensa te, verrebbe da dire, che non solo c’è una sinistra che vince ma c’è addirittura una sinistra che si conferma mentre paga prezzi sociali altissimi. C’è una sinistra che rivince in un Paese con le spiagge che sono l’approdo dei rifugiati. C’è una sinistra che non si appella a algebriche alleanze costruite in Parlamento ma che si fa votare. Pensa te.
Ora mi raccomando: tutti greci per qualche giorno e poi subito a dividersi. Che da noi funziona così: vogliamo l’europa unita e non riusciamo a stare insieme su due punti due di governo. Avanti così.
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