Nemici e amici a destra e sinistra. Dipende dai casi. La sei giorni del papa negli Stati Uniti nella stagione delle primarie è più politica del previsto. Non necessariamente per volontà del Vaticano e neppure per un calcolo di Obama. Su alcuni grandi temi che potrebbero essere al centro della campagna elettorale del prossimo anno, i temi “terreni”, Bergoglio è più vicino ai democratici. Sui altre questioni la distanza dal partito di Obama è siderale, ma a differenza che in passto viene messa sotto il tappeto da un papa che ha capito che parlando di etica rischia solo di perdersi per strada i fedeli, che nel mondo ci vivono.
La convergenza con Obama
Francesco si è detto favorevole all’accordo sul nucleare con l’Iran, il Vaticano ha mediato il riavvicinamento tra Washington e Cuba e riconosciuto lo Stato di Palestina. La chiesa statunitense è fautrice di una riforma dell’immigrazione da almeno dieci anni: i nuovi cattolici statunitensi sono in larga parte appartenenti alle comunità straniere, specie ispaniche, e la chiesa è sempre stata in prima fila nell’organizzare manifestazioni dei milioni di immigrati indocumentados che chiedono la regolarizzazione. Non solo: l’enciclica sul cambiamento climatico, l’attenzione alla povertà e la difesa del diritto all’istruzione o la critica alla deregolamentazione della finanza e dei mercati sono tutti argomenti che suonano come calci sui denti per i repubblicani. E possono essere spesi dai democratici per promuovere alcune idee e riforme.
Le prese di distanza dei repubblicani
A essere più in difficoltà i candidati cattolici alle primarie, che sono molti: Jeb Bush, Marco Rubio, Chris Christie, George Pataki, Rick Santorum, Bobby Jindal. Più di uno ha preso le distanze, senza però esagerare, che scagliarsi contro il papa è un rischio. Christie ha detto che su Cuba il papa sbaglia, «che la sua infallibilità si limita ai temi religiosi, non a quelli politici». Bush ha invece dichiarato che non si fa dettare l’agenda economica dal suo prete, dal suo vescovo o dal papa. Più duro di tutti il columnist conservatore del Washington Post, George Will, che ha scritto: «Papa Francesco incarna santità accompagnata da nuvole di ipocrisia. Con lo zelo di un convertito abbraccia idee alla moda e palesemente false e reazionarie». Il commentatore si riferisce alle idee sulla povertà e sul clima ed è un segnale chiarissimo dell’imbarazzo (o della avversione) della destra cattolica Usa nei confronti di Francesco.
(Un prete ha passato 10 mesi a costruire una San Pietro di Lego, il particolare del papa che si affaccia)
La secolarizzazione dei cattolici Usa
I cattolici americani sono circa il 22% della popolazione e sono il più grande gruppo religioso d’America – i protestanti sono di più, ma divisi in varie denominazioni. Naturalmente, un gruppo così grande non può essere omogeneo, comunità di antica immigrazione come l’irlandese e l’italiana sono diverse da quella messicana, così come le differenze tra praticanti e non sono enormi. Liberali e conservatori, paladini del diritto alla vita e pro-choice convivono e si dividono. Ma come si vede dalle percentuali di favorevoli sui grandi temi che hanno generato crociate religiose negli ultimi anni, tendono a essere meno retrogradi della chiesa di Roma. Unico punto sul quale sono intransigenti quanto gli evangelici di destra è l’aborto.
(I cattolici Usa deti temi etici? Sono più avanti della loro chiesa – *21% i favorevoli all’aborto in alcuni casi)
Una curia ultra-conservatrice
In passato e fino all’avvento di Bergoglio, meno ossessionato dall’etica – probabilmente perché più capace del suo predecessore di leggere il mondo che si trova davanti – le scelte delle gerarchie cattoliche Usa sono state spesso ultra-conservatrici e in linea con quelle guerre di religione (culture wars, le chiamano in America) che hanno aiutato i repubblicani a vincere più di un’elezione. Nel 2004, ad esempio, l’arcivescovo di Saint Louis intimò all’allora candidato democratico alla Casa Bianca di «non presentarsi a prendere la comunione» a causa delle sue posizioni sull’aborto.
In anni recenti le crociate contro l’aborto e il matrimonio gay hanno funzionato da collante ed hanno dettato spesso alcune nomine a posti importanti: nel 2012 Joseph Cordileone, presidente della commissione della conferenza episcopale Usa per la difesa del matrimonio veniva scelto come arcivescovo di San Francisco, la città icona gay per eccellenza. La chiesa conservatrice, che ha spesso bacchettato Obama per alcune prese di posizione, è la stessa che è finita sotto accusa per aver negato e nascosto per anni le colpe dei preti pedofili. E che continua a non piacere troppo agli americani, anche cattolici. In un sondaggio commissionato dal Washington Post scopriamo il papa piace all’86% dei cattolici e al 70% degli americani ma la chiesa è ben vista solo dal 55% degli americani.
Le culture wars e gli scandali legati alla pedofilia hanno pesato, ma sono probabilmente il passato: con la sentenza della Corte Suprema sui matrimoni gay è difficile che negli anni a venire alcuni temi tornino a essere il centro dell’agenda politica americana: i dati del sondaggio del 2014 della figura qui sopra lo mostrano, persino molti cattolici tendono a non avere opinioni contrarie su temi etici che in anni recenti hanno infiammato la politica Usa. Eppure le donne, anche quelle religiose, hanno da farsi sentire con il papa. E le posizioni oscurantiste della chiesa restano messe all’indice da parte di molti.
Aborto, contraccezione e suore ribelli
Due giorni fa sul New York Times un editoriale rimproverava a Francesco di non aver cambiato idea sulla contraccezione e la pianificazione familiare, nonostante l’opinione dei cattolici, la volontà dell’Onu di includerlo tra i diritti compresi negli obiettivi da perseguire nei paesi non sviluppati e i numeri: favorire la contraccezione consentirebbe 52 milioni di gravidanze non volute, 14 milioni di aborti praticati in condizioni non sicure e 70mila morti di donne.
Poi ci sono gli attivisti cattolici americani, suore comprese. Nel 2012 un’organizzazione di suore troppo militanti (l’80% del totale negli States) venne commissariata e messa sotto osservazione da Ratzinger. Le suore hanno reagito e la stampa per il Vaticano è stata pessima. Francesco, che di public relations se ne intende, ha alleggerito quella pressione e incontrato le leader delle suore. Loro continuano a parlare di matrimonio gay, contraccezione e persino di aborto. Ad esempio la National Coalition of American Nuns, che ha diffuso un comunicato stampa indignato in risposta alla decisione del papa di concedere il perdono alle donne che abortiscono: «Non rispetta l’autorità morale delle donne in materia di riproduzione e continua ad attribuire agli uomini il potere di dire cosa sia giusto e cosa sbagliato».
«No papa Francesco, preferisco restare tentatrice»,Ilaria Bonaccorsi alle recenti parole di Bergoglio sulle donne
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A giocare uno scherzo al papa e all’ala conservatrice della chiesa è stata la Casa Bianca, che tra gli invitati all’incontro con ufficiale ha incluso diversi attivisti cattolici sgraditi alla curia locale. La più famosa è Simon Campbell, suora famosissima per il suo impegno militante, che ha parlato all’ultima convention democratica e abortista («sono pro-vita, non solo pro-nascita» dice). Campbell, che è conosciuto come l’organizzatore delle “Suore sul bus” tour, dice di essere “pro-vita, non solo a favore della nascita” e di fare la lotta all’aborto facendo quella alla povertà e per il diritto alla salute. Tra gli ospiti di Obama anche Aronne Ledesma, giovane attivista gay e cattolico e Gene Robinson, primo vescovo apertamente gay della chiesa anglicana. I conservatori gridano allo scandalo, il Vaticano è in imbarazzo e ha protestato senza dirlo ufficialmente. La loro speranza è che Francesco non li deluda e che, parlando a Washington, Philadelphia o New York, oltre a nominare la povertà e il clima tiri fuori i vecchi arnesi di santa madre chiesa e ricordi a tutti che i preservativi non si usano, non si abortisce e ci si sposa solo tra persone di sessi diversi. Probabile che Bergoglio li ascolti ma senza esagerare: negli Usa deve fare molto per ripulire un’immagine devastata dagli scandali e conservatorismo.
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