Contenti sono i 5 stelle, ovviamente. «Non so se vinceremo», dice Alessandro Di Battista, «dipende dai romani, mettiamoci alla prova».
Le restituzioni di #Marino sanno tanto di patteggiamento. Ma è Renzi che dovrebbe pagare il danno di immagine per Roma.
— AlessandroDiBattista (@ale_dibattista) 7 Ottobre 2015
Marino si è dimesso e la città sembra destinata al voto in primavera, con Milano, Bologna, Torino e Napoli. Matteo Renzi è alla ricerca di un candidato, qualcuno che accetti però di andare incontro a un probabile tonfo. «Ci vuole coraggio», dicono dal Pd, in realtà per farsi coraggio. Lo scenario preferito sarebbe stato quello di andare al voto nel 2017, e invece tutto è precipitato. Dopo la vicenda delle smentite sugli scontrini e sulle cene pagate da Marino con la carta di credito del Comune, il Pd ha messo il sindaco alla porta. Lui ha provato a resistere ma prima le dimissioni dei tre più recenti innesti in giunta (Causi, Esposito e Rossi Doria), poi una mozione di sfiducia annunciata dal gruppo del Pd e da Sel, lo hanno fatto desistere. Dei commenti possibili, il primo da segnalare lo fa il collega della Stampa Iacoboni. Sul populismo insiste anche Gianni Riotta.
Caduto Marino, per Roma si spalancherà il baratro definitivo, tombale: le nozze mefitiche tra populismo e affari
— jacopo iacoboni (@jacopo_iacoboni) 8 Ottobre 2015
Il sindaco #Marino è stato eletto sull’onda del “Mena ar Politiko Sempre!” e oggi ne fa lui le spese. Populismo corrode i suoi ex campioni
— Gianni Riotta (@riotta) 7 Ottobre 2015
È stato però Renzi il primo ha cavalcare ogni polemica, anche la più strumentale, contro Marino. E l’esito della sua esperienza amministrativa sarebbe stato sicuramente diverso se fosse stato sostenuto e non osteggiato dal Pd. Solo che il Pd – come Mafia Capitale dimostra – era a Roma parte del problema, di Marino e della città.
Se #Marino fosse stato renziano sarebbe saldo al suo posto, non è mica un sottosegretario indagato o l’alleato Verdini con 5 processi
— Carlo Tecce (@TecceCarlo) 8 Ottobre 2015
Segno dei tempi e di scarsa memoria è che a mettere Marino sulla graticola siano non solo i 5 stelle ma anche la destra che ha sostenuto fedelmente Gianni Alemanno, e la sua esperienza amministrativa, macchiata non dai sei cene, ma da parentopoli.