E così le unioni civili possono aspettare, le priorità sono altre. Eppure in altri Paesi i parlamenti e governi hanno trovato il tempo di votarle senza trascurare la finanziaria o le riforme. Arriveremo ultimi, che l'Europa conta solo se si tratta di tagliare bilanci o prendersela per uno sciopero al Colosseo. Per la negazione dei diritti non abbiamo da vergognarci

E così le unioni civili possono aspettare. Lo ha spiegato il ministro Maria Elena Boschi nel salotto clericale-democristiano di Rai Uno: «Temo slitteranno i tempi. Eventualmente riprenderemo a gennaio». La legge non la vogliono i centristi, i moderati del Pd la digeriscono male, mentre, sembra di capire, il Movimento 5 Stelle è diviso sulle adozioni.
Prima c’è da fare le riforme, poi c’è da approvare la manovra. Come si è detto spesso in materia di diritti: non è questa la priorità del Paese, abbiamo ben altri problemi. Già.
Come ha scritto il Fatto Quotidiano sono 30 anni che si aspetta e i progetti di legge presentati e mai arrivati in fondo sono 47. Da quando se ne è cominciato a discutere è cambiato il mondo: un tempo il problema da risolvere era quello delle coppie non sposate eterosessuali mentre era meno pressante il tema di garantire diritti eguali a tutte le persone che decidono di costituire un nucleo familiare.
In 30 anni, appunto, il mondo è cambiato e una qualche forma di legge che regoli diritti e doveri di due persone che decidono liberamente di stare assieme la hanno approvata in decine di Paesi. Quei governi e Parlamenti che le hanno approvate negli stessi anni hanno votato, pensate, finanziarie, approvato missioni militari, cambiato politiche energetiche, varato riforme. Eppure il tempo lo hanno trovato.
Non è difficile: si decide che status giuridico si sceglie di dare a una coppia di persone dello stesso sesso che sta insieme e se si sceglie che questo non deve essere identico dal punto di vista nominale a quello di due persone sposate in Comune, si equiparano i suoi diritti a quelli degli sposati utilizzando il diritto civile esistente.
In Italia no. In Italia l’influenza di piccoli partiti di centro, senza consenso popolare, ma legati a doppio filo alle gerarchie cattoliche, impedisce passi in avanti alla civiltà dei diritti. Perché una famiglia sono un uomo e una donna, perché due genitori sono un papà e una mamma. E perché, evidentemente, Giovanardi, Alfano& Co. non hanno mai visitato un orfanotrofio e non hanno mai chiesto a un adulto che ha vissuto l’esperienza della casa famiglia o dell’istituto cosa avrebbe preferito tra l’avere due madri che ti amano e passare la propria infanzia in un’istituzione religiosa o laica. Un amico molto religioso che ci ha vissuto, una volta mi ha detto: «Due uomini, due donne, qualsiasi cosa è meglio di quello».
Abbiamo un governo che rottama tutto: cambia il lavoro, cambia la costituzione, cambia persino (in meglio) il diritto di cittadinanza. Ma questo no: quattro cattolici con pochi voti, dentro e fuori dal Pd, sono in grado di tenere il Parlamento in ostaggio. In America o in Spagna ci sono la destra e la sinistra, da un lato la sinistra, promuove i diritti, dall’altro, la destra conservatrice lo osteggia. In Italia siamo tutti di centro (oppure, nella formula postmoderna e populista del M5S, non di destra e non di sinistra) e, per questo, rinviamo al 2016. Un giorno una legge che riconosca le coppie dello stesso sesso si farà, arrivare ultimi e farla peggio degli altri, sarà stato abbastanza umiliante. Una cosa di cui vergognarsi, su cui mandare in rete dei tweet furibondi e sdegnati come per, che so, gli scioperi al Colosseo. Che sono quelli ad essere anti-europei, non i crociati.

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