Mentre l'Italia discute una legge sull'omicidio stradale, l'Oms diffonde i dai sugli incidenti automobilistici nel mondo

Le associazioni dei parenti di vittime della strada hanno organizzato ieri un sit-in pacifico davanti a Montecitorio nelle ore in cui il testo di legge che introduce il reato di omicidio stradale, dopo il vaglio e le modifiche apportate dalle commissioni Giustizia e Trasporti, passa all’esame della Camera. I manifestanti fanno pressione affinché i deputati, nell’esaminare la legge approvata lo scorso giugno al Senato, recepiscano le loro proposte.

 

La legge in discussione
Il provvedimento votato dai senatori prevede la reclusione fino a 12 anni per chi provoca la morte guidando sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o in stato di ebbrezza, con possibilità di arresto il flagranza e raddoppio dei termini per la prescrizione. Per chi causa un incidente mortale e fugge senza soccorrere la vittima è poi previsto un aumento di pena. Tra le sanzioni, anche il ritiro della patente fino a trent’anni. Dopo il via libera di Palazzo Madama, da più parti erano state espresse perplessità sul provvedimento. Tra gli scettici («pur comprendendo il dolore e il senso di urgenza espresso da chi perde un familiare a causa di un incidente»), il senatore Pd Luigi Manconi, secondo il quale «la giurisprudenza ha già articolato una serie di risposte sanzionatorie» tutto sommato efficaci e la legge ora al vaglio dei deputati rischia di trasformarsi in un inutile duplicato.

 

Il rapporto dell’Oms
L’esame dell’Aula di Montecitorio arriva a pochi giorni dalla diffusione di uno studio dell’Organizzazione mondiale della sanità (World health organization) sugli incidenti stradali in 180 Paesi, il Global status report on road safety 2015 (le indagini precedenti risalgono al 2010 e al 2013).

magnitude_web

Secondo l’indagine, 1,25 milioni di persone muoiono in un incidente stradale ogni anno e nonostante i passi avanti siamo ancora lontani dall’obiettivo di dimezzamento delle vittime della strada fissato per il 2020.
Inutile dire che la metà delle persone che perdono la vita sono – nell’ordine – motociclisti, pedoni e ciclisti. Per i ragazzi tra i 15 e i 29 anni, gli incidenti stradali sono la principale causa di morte. I Paesi più “colpiti” dal fenomeno sono quelli a medio e basso reddito: qui circola la metà dei veicoli del Pianeta e avviene il 90% degli incidenti. In 68 Paesi, infatti, la mortalità è in aumento, mentre sono 79 quelli in cui diminuisce. Guardando al dato complessivo, nel triennio 2011-2013, al crescere del numero di veicoli circolanti e della popolazione non ha corrisposto un aumento dei “sinistri”, che rimangono stabili.


Le leggi nei diversi Paesi
105 hanno leggi efficaci sull’utilizzo delle cinture di sicurezza per tutti i passeggeri.
47 nazioni hanno leggi che regolamentano la velocità a un massimo di 50 km/h in città.
34 Paesi regolamentano la guida in stato di ebrezza, ponendo un limite di concentrazione di alcol nel sangue uguale o inferiore a 0,05 g/dl e a 0,02 per i neopatentati.
44 Stati hanno reso obbligatorio l’utilizzo di caschi sia per il guidatore sia per il passeggero.
53 Paesi in cui è obbligatorio il trasporto dei bambini con gli appositi seggiolini.


 

Com’è messa l’Italia?
La sezione del report Oms relativa al nostro Paese traccia un quadro di incidenti stradali in diminuzione, con 3.721 morti sulle strade italiane nel solo 2013. Guardando al dettaglio delle vittime della strada in Italia, si evince che il 33% degli incidenti mortali riguarda i guidatori di auto e veicoli leggeri, seguono i motociclisti con il 26% dei decessi, poi i pedoni (16%) e i ciclisti (7%).
Buono il giudizio sulla legislazione vigente, efficace nel prevenire i sinistri, ma sono ancora  troppi gli automobilisti che non rispettano le regole del Codice della strada. Un quarto degli incidenti con decessi, ad esempio, è legato all’uso di alcool. Il casco è indossato 9 volte su 10, mentre le cinture vengono utilizzate nel 64% dei casi e addirittura le allaccia soltanto il 10 per cento dei passeggeri posteriori. In Italia i finanziamenti sono ancora insufficienti e l’obiettivo di riduzione degli incidenti mortali al 2020 ancora lontano da raggiungere (siamo al 50%).

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/RaffaeleLupoli” target=”on” ][/social_link] @RaffaeleLupoli

Sono giornalista da oltre vent'anni ma sempre “aspirante”. Dal 2015 a Left, dopo Nuova Ecologia e tanto altro. Di cosa mi occupo? Diciamo che mi piace cercare il futuro possibile nei meandri del presente. Per farlo c'è molto da scavare, spesso indossando la mascherina.