Direttrice di 350.org, è considerata una delle figure emergenti dell’ambientalismo globale. May Boeve racconta a Left cosa si aspetta dalla conferenza sul clima di Parigi e chi sono gli alleati giusti

Negli Stati Uniti, dopo decenni in cui la politica negava il cambiamento climatico sembra esserci una nuova consapevolezza. Un momento che ha cambiato la percezione degli americani è stato Sandy: nel 2012 non si parlava di cambiamento del clima fino a quando l’uragano non si è abbattuto su New York e il New Jersey. Dopo, il tema è entrato di prepotenza in campagna elettorale. Molti Stati stanno vivendo le conseguenze del cambiamento climatico in maniera visibile: l’Alaska, dove i villaggi della costa temono di essere sommersi, o la California, che ha vissuto la peggior siccità di sempre. La California è un esempio positivo e negativo allo stesso tempo: gli investimenti in energie rinnovabili hanno funzionato e c’è un clima imprenditoriale che dice «Lavoriamo su questo, è il futuro»; e poi c’è una enorme quantità di siti di fracking, la tecnica di estrazione del gas che utilizza enormi quantità d’acqua. «Alla luce della situazione drammatica dell’acqua in California, chiediamo, assieme a molte altre campagne, di sospendere le trivellazioni che usano il fracking». Parla con entusiasmo e grande precisione, May Boeve, giovane sorridente a cui il Guardian e il Time hanno dedicato profili spiegandoci che è una delle figure chiave dell’ambientalismo globale. a ridosso della Cop21 di Parigi sta lavorando molto. Quando le parliamo è molto felice per la vittoria ottenuta sulla Keystone pipeline, il mega oleodotto che Obama ha deciso di non far costruire.
Siete stati protagonisti di una vittoria notevole: l’oleodotto che dal Canada doveva trasportare il petrolio estratto da sabbie bituminose non si farà…
La bocciatura della Keystone pipeline è un grande successo. Ci sono decine di progetti in giro per il mondo, da terminal petroliferi a nuove ipotesi di trivellazioni, che se messi in moto cancellerebbero la possibilità di mantenere l’aumento della temperatura terrestre sotto la soglia dei 2 gradi centigradi. La decisione segna un precedente che aiuterà i movimenti a mettere pressione su altri capi di governo che si trovano a decidere su progetti simili. Certo, c’è ancora un’enorme quantità di trivellazioni su suolo pubblico e i movimenti che si sono battuti contro la Keystone oggi lavorano per fare in modo che gli idrocarburi rimangano sotto terra: dobbiamo lasciare gas e petrolio dove sono.

A proposito di consapevolezza nuova e mobilitazioni: se avete vinto è anche perché contro la Keystone non c’erano solo ambientalisti liberal e studenti radicali.
Esatto: quel successo non è degli studenti radicali ma dei ranchers del Nebraska, che sono in maggioranza conservatori e votano repubblicano. Loro per primi – e anche molte tribù di nativi – si sono battuti per difendere le terre dove lavorano da generazioni da una multinazionale canadese del petrolio. Sono loro che si sono alleati con noi ambientalisti radicali, aiutandoci a vincere. Credo che ora si sentano parte del movimento ambientalista. Lo stesso può valere per alcune comunità religiose che oggi stanno assumendo l’idea che occorra conservare la Terra. O ancora la Green Tea Coalition in Georgia, che mette assieme ambientalisti e Tea Party per chiedere meno carbone e più solare. Storie così, con alleati che oggi chiamiamo improbabili, stanno diventando normali. Il fatto è che per decenni le compagnie petrolifere che sapevano del cambiamento climatico hanno speso soldi per impedire che si sapesse la verità e hanno mentito sui risultati delle loro ricerche. Oggi vengono sbugiardati (la Exxon è addirittura sotto inchiesta da parte del Dipartimento di Giustizia) e la società americana comincia a capire e informarsi.

Cosa vi aspettate dal vertice di Parigi?
Penso e spero che la Conferenza mondiale sul clima segnerà un passaggio vero: non necessariamente per quel che succederà ma per come ci siamo arrivati. I governi arrivano dove la gente li spinge e la spinta stavolta è stata forte. A Copenaghen si fece di tutto per arrivare a un accordo, uno qualsiasi, ma senza gli occhi della società mondiale aperti. Stavolta ci sono Paesi che hanno preso impegni seri e altri meno: anche in loco si possono fare passi avanti ed è per questo che è importante esserci e mobilitarsi. Il movimento ambientalista è molto più radicato e globale che al tempo di Copenaghen, così la consapevolezza globale. Per questo Parigi può diventare un punto di snodo del passaggio dalla società dei combustibili fossili a quella del 100% rinnovabili. Aspettiamo di vedere quanto i governi siano davvero consapevoli e impegnati. E per questo nei primi giorni della Cop21ci sarà la possibilità per tutti, in ogni angolo del mondo, di far sentire la propria voce. Stiamo anche cercando di premere sulle istituzioni ed enti privati affinché vengano a Parigi ad annunciare il loro disinvestimento dagli idrocarburi. Anche quello sarà un modo per mostrare al Pianeta come e quanto il tema abbia forza e che ci sono parti importanti di capitale privato che decidono di abbandonare i propri investimenti in gas e petrolio a prescindere da quel che a Parigi si firmerà.


 

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