Un rapporto redatto dalla Missione delle Nazioni Unite di assistenza all’Iraq (UNAMI) e dall’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani fornisce dettagli sull’impatto che la presenza dell’Isis sta avendo sulla popolazione civile irachena. Secondo l’Onu, che fornisce dati solo sulla base di documenti e testimonianze verificate, tra gennaio e ottobre del 2015 nel Paese dilaniato da più di dieci anni di guerra, i civili morti sono almeno 18.802 e 36.245 i feriti. Le persone costrette ad abbandonare le loro case sono invece 3,2 milioni, tra cui più di un milione di bambini in età scolare. Circa la metà di queste morti è avvenuta a Baghdad, lontano dalle zone di guerra.
Il rapporto, redatto dalla Missione delle Nazioni Unite di assistenza all’Iraq (UNAMI) e l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR), si basa in gran parte sulla testimonianza ottenuto direttamente dalle vittime, sopravvissuti o testimoni di violazioni dei diritti umani internazionali o internazionale il diritto umanitario, comprese le interviste con gli sfollati interni.
«La violenza subita dai civili in Iraq rimane sconcertante. Il cosiddetto Stato islamico dell’Iraq e il Levante continua a commettere violenze e violazioni dei diritti umani internazionali e del diritto umanitario sistematica e diffusa. Questi atti possono, in alcuni casi, ammontano a crimini di guerra, crimini contro l’umanità, e possibilmente genocidio», si legge nel rapporto. «Durante il periodo di riferimento, Daesh ha ucciso e rapito decine di civili, spesso in modo mirato. Le vittime includono chi si oppone alle regole dell’ISIS, funzionari del governo di Baghdad, ex personale di polizia ed esercito, medici, avvocati, giornalisti e leader tribali».
Il rapporto descrive numerosi esempi di esecuzioni pubbliche anche mediante fucilazione, decapitazione, rogo di persone vive o per defenestrazione. Le testimonianze raccolte parlano anche dell’assassinio di bambini soldato fuggiti dalla prima linea di combattimento – 8-900 sono i ragazzi rapiti a Mosul. «L’Isis ha continuato a sottoporre donne e bambini alla violenza sessuale, in particolare sotto forma di schiavitù sessuale», afferma il rapporto, che sostiene che almeno 3500 persone, tra donne e bambini, in prevalenza Yazidi siano tenute prigioniere.
Il rapporto ha anche documentato presunte violazioni e abusi anche da parte delle forze di sicurezza irachene e le forze associate, comprese le milizie e le forze tribali, unità di mobilitazione popolare, e Peshmerga. Il governo spesso non consente ai profughi l’accesso ad aree sicure. La condotta delle forze filo-governative «desta preoccupazioni che vengono effettuate senza prendere tutte le precauzioni possibili per proteggere la popolazione civile e obiettivi civili».
Il rapporto sottolinea infine come molti altri sono i morti indiretti del conflitto, persone a cui manca accesso all’acqua, al cibo, alle cure.