Deve essere una vita ostica quella del titolista di un quotidiano qualsiasi nella schiera dei mistificatori e seminatori di paura. Deve costare litri di bile e un concentratissimo impegno mantenere il ruolo di suggeritore continuo di xenofobia, rabbia ignorante e allarme quotidiano per garantirsi la sopravvivenza. Cosa fa l'ISIS (o DAESH o uno dei soprannomi qualsiasi con cui chiamiamo l'uomo nero)? Ribatte notizie false, ingigantisce fatti mai accaduti, mordicchia regolarmente il nervo della paura: un petting perseverante addosso a tutti gli organi della preoccupazione. Il terrore (ancora più del terrorismo) ha bisogno di restare certosina nelle paludi della mistificazione. È un lavoro usurante quello del seminatore d'odio e di paure: ambiente malsano, una filiera commerciale di arrivisti e puttanieri e una clientela da mantenere abbastanza affamata per essere fidelizzata. L'Europa disegnata dai terroristi islamici è quasi sempre un Paese che non esiste, è la nazionalizzazione dei nostri anfrattio più pelosi, magazzini del nostro obbrobrio più recondito e loro, i comunicatori al servizio del terrore, passano tutta una vita a scendere nelle cantine della propria coscienza a recuperare gli scatoloni pieni di bava. Per questo in fondo oggi, che siamo all'inizio della settimana, mi si muove quasi un conato di solidarietà per i titolisti di Libero che ancora titolano che "l'ISIS sbarca in Italia", precisamente a Lampedusa, riportando (anzi, strumentalizzando) un virgolettato francese per farne la paura del giorno. Certamente per ritornare alla solfa dei terroristi e dei barconi devono avere passato una brutta domenica tutta intenta a reperire un allarme, un falso mito, preoccupati di rimanere sguarniti per la propria quotidiana razione di terrore. Me li immagino mentre chiedono ad un Salvini o una Santanché un buon titolo d'apertura come si usa chiedere una barzelletta dopo cena, anelando ad un colpo di teatro che dia un senso alla giornata."L'ISIS sbarca a Lampedusa" deve essere stato nell'armadio delle conserve di allarmi da usare in mancanza d'idee, all'ultima spiaggia e chissà come incroceranno le dita che oggi succeda qualcosa che possa tornare utile: un negro ubriaco, un siriano che passi con il semaforo rosso o peggio un parcheggiatore abusivo con un braccialetto di Allah. Avanti così, facciamoci del male. Buon lunedì.

Deve essere una vita ostica quella del titolista di un quotidiano qualsiasi nella schiera dei mistificatori e seminatori di paura. Deve costare litri di bile e un concentratissimo impegno mantenere il ruolo di suggeritore continuo di xenofobia, rabbia ignorante e allarme quotidiano per garantirsi la sopravvivenza.

Cosa fa l’ISIS (o DAESH o uno dei soprannomi qualsiasi con cui chiamiamo l’uomo nero)? Ribatte notizie false, ingigantisce fatti mai accaduti, mordicchia regolarmente il nervo della paura: un petting perseverante addosso a tutti gli organi della preoccupazione. Il terrore (ancora più del terrorismo) ha bisogno di restare certosina nelle paludi della mistificazione. È un lavoro usurante quello del seminatore d’odio e di paure: ambiente malsano, una filiera commerciale di arrivisti e puttanieri e una clientela da mantenere abbastanza affamata per essere fidelizzata.

L’Europa disegnata dai terroristi islamici è quasi sempre un Paese che non esiste, è la nazionalizzazione dei nostri anfrattio più pelosi, magazzini del nostro obbrobrio più recondito e loro, i comunicatori al servizio del terrore, passano tutta una vita a scendere nelle cantine della propria coscienza a recuperare gli scatoloni pieni di bava.

Per questo in fondo oggi, che siamo all’inizio della settimana, mi si muove quasi un conato di solidarietà per i titolisti di Libero che ancora titolano che “l’ISIS sbarca in Italia”, precisamente a Lampedusa, riportando (anzi, strumentalizzando) un virgolettato francese per farne la paura del giorno. Certamente per ritornare alla solfa dei terroristi e dei barconi devono avere passato una brutta domenica tutta intenta a reperire un allarme, un falso mito, preoccupati di rimanere sguarniti per la propria quotidiana razione di terrore. Me li immagino mentre chiedono ad un Salvini o una Santanché un buon titolo d’apertura come si usa chiedere una barzelletta dopo cena, anelando ad un colpo di teatro che dia un senso alla giornata.“L’ISIS sbarca a Lampedusa” deve essere stato nell’armadio delle conserve di allarmi da usare in mancanza d’idee, all’ultima spiaggia e chissà come incroceranno le dita che oggi succeda qualcosa che possa tornare utile: un negro ubriaco, un siriano che passi con il semaforo rosso o peggio un parcheggiatore abusivo con un braccialetto di Allah.

Avanti così, facciamoci del male. Buon lunedì.