Il fumetto femminile? «Non esiste». Che sia realizzato da uomini, donne o marziani, a detta delle cinque valenti autrici intervistate in occasione della recente uscita dei loro rispettivi graphic novel, conta solo che sia buono. E se c’è una cifra che lega tutti i lavori che vi raccontiamo in queste pagine, è semmai la scelta di raccontare vicende quotidiane, di volta in volta declinate nella commedia o nel diario intimista. Eppure non sono mancate le voci di disappunto dopo l’annuncio che tra i trenta candidati al premio alla carriera del prossimo Festival internazionale del fumetto di Angoulême, la Cannes del fumetto, non comparisse nemmeno una donna. Polemiche e successive defezioni, con il direttore del festival Franck Bondoux, che è riuscito a mettere una toppa peggiore del buco, aggiungendo prima alla rosa dei premiandi un contentino di sei autrici, poi annullando del tutto la selezione, lasciando scelta libera ai giurati. Alla fine ha vinto il torinese Pietro Scarnera con la biografia illustrata di Primo Levi, Una stella tranquilla, edita in Italia da Comma22. Sempre giustificandosi, Bondoux ha detto «non si può riscrivere la storia del fumetto». Dimenticando nomi importanti come Trina Robbins o Claire Bretécher, Hagio Moto o Takahashi Rumiko. In Italia, Grazia Nidasio o, come vi raccontiamo ora, tante giovani autrici.
La trentaseienne Giulia Argnani, faentina, è la più anziana del gruppo; dopo due libri e numerose storie brevi, alla scorsa edizione del festival BilBolbul ha presentato la sua ultima fatica, Up all night, per l’unica etichetta italiana di fumetti lgbt, Renbooks. Il libro racconta la storia d’amore tra Chiara, ragazza di provincia schiacciata dalle incombenze quotidiane, e Greta, front girl di un gruppo rock, libera e indipendente. «È un impasto di vicende personali e di altre inventate: volevo che arrivassero al lettore in maniera accattivante», ci dice, «è difficile che io racconti una storia che non mi abbia toccato da vicino, perché ho bisogno che le cose mi passino attraverso». Sebbene questo sia il secondo libro a tema lgbt dopo il primo commissionato da Mondadori, Argnani non ha una particolare predilezione per l’argomento: «M’è capitato e l’ho fatto volentieri, è stata una bella esperienza. Quando si tratta di scrivere cose mie a volte parlo di amori lesbici, sì, ma non voglio fossilizzarmi. E poi, a dire il vero, Up all night tocca l’argomento ma l’omosessualità non è il fulcro della storia. Alla questione politica non penso mai: mi piace parlare della vita di tutti i giorni, che è già una cosa, mi pare, molto politica. È stato più facile essere accolti da una casa editrice di settore, ma sogno un mondo dove non ci siano differenze, almeno nel fumetto».
Questo articolo continua sul n. 6 di Left in edicola dal 6 febbraio