«Dobbiamo proteggere la storia del reggae come patrimonio immateriale e dobbiamo farlo prima che lo faccia qualcun altro al posto nostro». Parola di Janice Lindsay, direttrice della Divisione Industria culturale e creativa del ministero della Gioventù e della Cultura. Come? La Jamaica ha intenzione di iscrivere il reggae nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco e, a tal proposito, è stata già avviata la formazione di un comitato che preparerà la proposta con l’obiettivo di presentarla all’Unesco a marzo 2017. dove può figurare come bene jamaicano. L’annuncio è stato dato a Kingston durante l’evento Grounation del Jamaica Music Museum (JaMM), il 7 febbraio.
La funzionaria ha evidenziato l’importanza che una tale designazione può avere per le future generazioni, dal momento in cui loro «non ce lo perdoneranno se dovranno leggere o ascoltare brani di opere musicali del nostro Paese perché il resto è stato perduto con il passare del tempo». Inoltre, Lindsay ha garantito che l’iscrizione come patrimonio culturale immateriale dell’Unesco sarà il sigillo di una certezza, per mettere nero su bianco qual è «l’origine e il tratto distintivo di un jamaicano».
L’isola jamaicana, con i suoi nemmeno 3 milioni di abitanti, lunga 240 km e larga 80, è popolata principalmente da discendenti di ex schiavi africani. Dopo secoli di colonialismo – spagnolo prima e britannico poi – ha raggiunto l’indipendenza dal Regno Unito nel 1962. Due anni prima, nel 1960, per identificare un particolare stile di ballo e di musica – che affondava le s radici nel R&B di New Orleans – nell’isola si diffuse il termine di “rozzo”: ragged, appunto. Ma questa non è la sola tesi sull’origine del nome e del reggae. Per alcuni deriva da “regga”, lingua dell’antica civiltà africana dei Bantu. Per altri è una storpiatura di “streggae”, che nello slang delle strade di Kingston era l’appellativo per le prostitute. Poi, c’è la versione di Bob Marley: reggae è una parola dalle origini spagnole e significa «la musica del Re».
Il reggae abbatte le frontiere dell’isola e si espande in tutto il mondo negli anni Settanta. Con The Wailers, innanzitutto. Ovvero: Bob Marley, Junior Brathwaite, Peter Tosh e Bunny Livingston. Finché Marley decide di proseguire da solo, portando con sé la cultura rastafari. Il resto è Storia.
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