Il 17 aprile andremo alle urne. Un decreto approvato ieri sera dal Consiglio dei ministri ha fissato la data del referendum popolare per l’abrogazione della norma sulla durata delle concessioni, già rilasciate, a estrarre petrolio entro le 12 miglia. Attualmente la norma – per abrogare la quale si dovrà votare “sì” – prevede, devi che le attività di coltivazione di idrocarburi relative a provvedimenti concessori già rilasciati in zone di mare entro le 12 miglia marine abbiano durata pari alla vita utile del giacimento.
Il governo Renzi replica così la condotta che alcuni suoi esponenti avevano contestato nel 2011, quando l’allora premier Berlusconi “disgiunse” le consultazioni referendarie su acqua e nucleare dalle elezioni amministrative per evitare che si potesse raggiungere il quorum e provare così a invalidare l’esito del voto. «Il governo buttano dalla finestra 300 milioni di euro», si disse all’epoca. Evidentemente adesso l’imperativo del “non sprecare” fondi pubblici non vale più.
Il governo, dopo l’ok della Consulta del mese scorso a uno dei sei quesiti proposti, gioca così un’altra carta per depotenziare la mobilitazione del Movimento “No Triv”, che si riunisce in assemblea a Roma domenica 14 febbraio, presso il Parco delle Energie di Via Prenestina. Il tentativo dei No Triv, ai quali si sono uniti ambientalisti ed enti locali (i referendum erano stati chiesti da 11 Regioni), è quello di saldare le mobilitazioni territoriali contro le trivelle alla campagna nazionale per il “No” al referendum sulla riforma della costituzione. Dopo il “no” del governo all’election day, i No Triv hanno poco più di 60 giorni per portare il 50% più uno degli elettori alle urne.