«L’utero in affitto ruba l’identità ai bambini», dice Paolo Crepet sull’Avvenire. Come se il neonato non avesse una propria identità. «Nessuna eccezione, è una pratica aberrrante e inaccettabile», sentenzia lo psichiatra e spesso ospite in tv. Perché «la maternità surrogata rende impossibile rispondere alla domanda tipo di ogni essere umano:”chi sono io?”. E’ un dovere assoluto addirittura fondativo della nostra vita rispondere a questo quesito». E allora i bambini adottati? Crepet non si rende conto del razzismo implicito in queste sue dichiarazioni riduzioniste? Non pago, aggiunge: «Tra madre surrogata e figlio che cresce nel suo grembo si istaurano realazioni intense spezzate al momento del parto. E le cose peggiorano persino se dopo si mantiene un rapporto». Avendo una formazione medica Crepet dovrebbe sapere che il feto non ha alcuna possibilità di vita fuori dall’utero prima che siano trascorse circa 24 settimane e che solo alla nascita comincia l’attività psichica. E in quanto psichiatra dovrebbe sapere anche che – come ricorda anche il ginecologo Carlo Flamigni su Left in edicola – «la genitorialità non è un istinto», ma ha a che fare con gli affetti e con il rapporto con il bambino, non importa se nato con la fecondazione assistita, con la maternità surrogata o se adottato.
Qualche giorno fa Luigi Manconi scriveva sul Manifesto che il problema più grosso in Italia quando si parla di temi come la legge 40, utero in affitto, ricerca sulle staminali, è che anche su testate mainstream, non solo sull‘Avvenire, non manca mai il commento del cardinale Angelo Bagnasco: che non perde occasione (come chi l’ha preceduto alla guida della Cei) per intromettersi nel dibattito politico italiano ribadendo che «la famiglia è un fatto antropologico» e non culturale. Come vuole la Bibbia.
Dell’estrema urgenza di aprire il dibattito parlamentare alla ricerca ha parlato Manconi il 18 febbraio ad apertura della due giorni organizzata a Roma dall’Associazione Luca Coscioni, in occasione del decennale della morte del ricercatore umbro Luca Coscioni che, ammalato di Sla, decise con coraggio di fare della sua malattia un fatto pubblico lottando per la conquista di diritti di tutti. Grazie al suo impegno, gli scienziati italiani cominciarono ad uscire dai laboratori per fare informazione sulle staminali embrionali, accendendo il dibattito pubblico anche su quella che impropriamente viene detta “clonazione terapeutica” e sulle nuove frontiere della ricerca di cure per malattie genetiche devastanti.
Durante la discussione parlamentare sulla legge 40 nel 2004 , e quando Luca intraprese la sua battaglia politica candidandosi con i Radicali italiani, l’intervento a gamba tesa del Vaticano su questioni di diritti «eticamente sensibili» era fortissimo. La Cei metteva continuamente bocca sull’iter della norma sulla fecondazione assistita. E il cardinal Ruini, affinché il referendum del 2005 fallisse non raggiungendo il quorum, tuonava: «non si vota sulla vita», invitando gli italiani ad andare al mare. Oggi Bagnasco ne segue le orme riguardo al dibattito sulle unioni civili.
«Dieci anni fa moriva Luca Coscioni… e siamo ancora nelle mani di Bagnasco» dice Bobo in una vignetta di Staino realizzata per l’Istituto Luca Coscioni. E sono davvero tanti i privilegi di cui il Cardinal Bagnasco gode in Italia compreso un cospicuo vitalizio, in quanto ex cappellano ( Italialaica ha lancitao una petizione per abolirlo).
Quanto alla possibilità di cambiare una legge crudele e antiscientifica come la norma sulla fecondazione assistita , molto è accaduto in questi ultimi 12 anni, grazie al coraggio di tanti cittadini e al lavoro dell’Associazione Luca Coscioni guidata dall’avvocato Filomena Gallo. Nelle aule di tribunale è stata smantellata pezzo dopo pezzo, grazie anche a una condanna da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo. L’ultimo divieto è caduto nel 2015 con l’autorizzazione all’accesso alla fecondazione assistita e alla diagnosi preimpianto per le coppie fertili con una malattia genetica.
Resta in piedi, però, il divieto di fare ricerca sugli embrioni crioconservati, che se non idonei alla gravidanza e destinati alla distruzione; divieto oltretutto ipocrita perché la legge 40 al contempo permette di fare ricerca sulle staminali embrionali purché le linee cellulari siano importate dall’estero.” Si tratta di un divieto che ostacola il diritto alla salute, sancito dal art. 32 della Costituzione, e la possibilità di sviluppo di terapie per patologie che oggi non hanno nessun trattamento a disposizione”, dice l’avvocato Gianni Baldini, docente di biodiritto all’Università di Firenze. Su questo divieto si dovrà pronunciare il 22 marzo la Corte Costituzionale, che negli anni scorsi ha giocato un ruolo fondamentale dichiarando incostituzionali divieti come quello che riguardava l’eterologa.
Presto riprenderà il dibattito sulla legge 40: durante la due giorni in ricordo di Luca Coscioni, (morto il 20 febbraio 2006) nella sessione L’Italia davanti al giudizio di costituzionalità sul divieto di ricerca sugli embrioni la senatrice Pd Emilia De Biasi ha annunciato che la norma sarà riformata entro la primavera: «non ha più senso attendere, bisogna ottemperare alle sentenze, dunque cominciamo a discutere il provvedimento sulla riforma della legge 40 a mia prima firma e di cui è relatrice l’onorevole Matesini. Un disegno di riforma in cui è inclusa la possibilità di fare ricerca sugli embrioni. Perché è fondamentale per l’avanzamento della scienza medica e perché bisogna rimettere al centro il rispetto delle persone, avendo fiducia nel lavoro degli scienziati, la cui finalità è in primis trovare terapie per malattie oggi incurabili». Poi, riguardo al dibattito sulle unioni civili la senatrice De Biasi si è anche detta preoccupata per «le mistificazioni e le intrusioni improprie di soggetti che non dovrebbero intervenire nel dibattito istituzionale che ledono il principio della laicità dello Stato. Abbiamo assitito ad un dibattito per certi versi sconcertante perché alcuni inerventi hanno riportato il dibattito a cinquant’anni fa, come se le norme sull’aborto e sul divorzio , grandi scatti di civiltà di questo Paese, non fossero mai state varate. Cosa c’è dietro? La paura di toccare la sfera riproduttiva in nome di un’idea di diritto naturale che non corrisponde alla realtà, al progresso della scienza e della società». @simonamaggiorel