Dunque in Italia dovremmo avere le unioni civili. Dunque i figli di una persona che si “unionicivilizzerà” con qualcuno dello stesso suo sesso non avranno due genitori ma uno. Avremo le unioni civili e non il resto perché senza approvare l’emendamento che riscrive il ddl Cirinnà ed elimina la stepchild adoption (steptʃaɪld əˈdɒpʃən, ma se in Parlamento non sono in grado di pronunciarlo decentemente dopo mesi di discussione, difficilmente servirà la fonetica), rischieremmo di non avere nessuna legge.
La colpa, ci spiegano dal Pd, è del Movimento 5 Stelle che fa tattica parlamentare su un tema di così grande importanza. Giammai, la colpa è di Renzi che fa le leggi sui temi etici con il ministro Alfano invece di cercare maggioranze alternative in Parlamento, ribattono gli altri.
Il problema è che stabilire di chi sia la colpa non è interessante. Il giorno dopo che la legge sarà approvata, il premier e Ivan Scalfarotto giubileranno dicendo che l’Italia entra così nel consesso dei Paesi civili, che l’Italia cambia passo. E poi a mezza bocca aggiungeranno che le adozioni da parte di coppie di persone dello stesso sesso già si fanno e che i tribunali le concedono. E il Movimento 5 Stelle ci spiegherà che la legge avrebbe potuto essere migliore se solo il Pd non avesse giochini da fare con i centristi.
Ecco, avranno quasi ragione tutti: finalmente in Italia ci sarà una legge che garantisce qualche diritto a persone che stanno insieme non potendosi sposare, la legge avrebbe potuto essere cento volte migliore. Ma nemmeno è questo il punto.
Nel 2012 vivevo negli Stati Uniti e nella casa di fronte alla mia viveva una coppia di uomini con una bambina afroamericana. Li incontravo andando al parco giochi con mia figlia neonata, io leggevo il giornale, mentre lei gattonava sul prato e la bambina adottata, sempre allegra e di buon umore, ci salutava calorosamente. Aveva due padri, per giunta bianchi, diversi da lei due volte, che la portavano al parco, la aiutavano a fare i compiti, le compravano dei bei vestitini (“ci mancherebbe, erano delle checche”, direbbe qualcuno), la portavano per mano al parco.
Sulla bacheca Facebook di un mio vecchio amico, in questi giorni, lo stesso racconta la sua storia. È stato adottato dal secondo marito della madre e, fino al 1975, sui suoi documenti, alla voce padre, c’era scritto NN. Poi hanno riformato il diritto di famiglia, ma lui racconta che da bambino viveva la cosa come uno stigma. Uno stigma burocratico. Da domani, scrive l’amico, qualche bambino con un solo padre vivrà un nuovo stigma. Lo vivrà male, bene, chissà.
Un tempo giocavo a calcio con un uomo di Roma che era passato per l’orfanatrofio. Una volta, nello spogliatoio, un medico cattolico che giocava con noi si mise a parlare di unioni gay e, essendo aperto, diceva: capisco l’unione, ma le adozioni no. «È perché non ci sei mai stato tu in istituto. Io sì, se qualcuno ti vuole bene, va bene tutto», rispose. Per lui era così.
Ecco, il primo punto è questo: sarà anche vero che i tribunali consentono l’adozione da parte di un partner dello stesso sesso del genitore naturale, ma le istituzioni politiche di questo Paese stanno decidendo che no, quel bambino, ai loro occhi, non deve godere degli stessi diritti degli altri. Anche se è felice, cresce bene, va a scuola, è amato, curato come tutti gli altri – o più, meno, meglio e peggio che le famiglie naturali e innaturali possono essere brave o non brave a esercitare il difficile ruolo che è far crescere un umano. Per le stesse istituzioni elettive italiane, invece, le suore di un istituto vanno bene per crescere un bambino, ma due donne che si amano non sono capaci. Per quelle di 20 Paesi europei invece sì. Non parliamo di stepchild, di figli che sono già figli “di fatto” delle coppie con le quali vivono, in Europa gli omosessuali adottano bambini e bambine. E no, a quanto consta, non li usano come Barbie da pettinare, né li vestono da orsi, camioniste e drag queen.
Il secondo punto riguarda la politica e la sua debolezza. Negli Stati Uniti c’è un’ala dell’elettorato così conservatrice che difficilmente viene in mente qualcosa di simile in Italia. C’è chi spara ai medici che praticano l’aborto. C’è chi parla dei gay come del demonio in terra. In Spagna invece la chiesa e l’Opus Dei sono potenze politiche e sociali. In entrambi i posti, le istituzioni elettive – statali, federali o centrali, a seconda dei casi – hanno deciso per conto loro, senza ascoltare frange estreme ma cospicue dell’elettorato o poteri forti. In Italia, con dieci anni di ritardo, invece no. Quel che si decide di fare, partendo da una soluzione al ribasso, è mediare con pezzi di politica che non contano nulla e che ingaggiano questa battaglia solo per mostrare al mondo di esistere.
Il terzo punto è il più triste, definiamolo: “Non chiamiamolo matrimonio”. Bene, il matrimonio è un’istituzione di diritto civile e un rito. L’idea che ad alcuni che desiderano farlo venga negato il diritto al rito è sbagliata. Non a tutti piace il matrimonio, alcuni lo ritengono un’istituzione borghese e inutile. Altri uno strumento della Chiesa per esercitare il proprio potere. Altri ancora si chiedono come mai quei trasgressivi degli omosessuali vestiti di piume al gay pride vogliano essere noiosi e borghesi come tutti gli altri. Chiedersi perché qualcuno voglia per forza fare una cosa che troviamo insensata, però, non ha senso: non mi tatuerei dalla testa ai piedi, ma non credo che lo vieterei per legge. Non tutti vogliono donare gli organi, ma qualcuno sì. E non tutti si prenderebbero un cane in casa. Eppure nessuno si sogna di negare questa possibilità ad altri. Se si tratta di consentire a qualcuno di sposarsi, beh, c’è tutta una classe politica che ci spiega che no. E qui arriviamo in fondo: in questi mesi e anni non abbiamo discusso di diritti, di quale legge sarebbe la migliore, di quali tutele per i bambini adottati in un Paese dove le adozioni funzionano male (e non perché i bambini sono giustamente molto tutelati). No, in questi mesi abbiamo discusso di froci e lesbiche e di quanto a una parte arretrata e ben rappresentata in Parlamento di questo Paese facciano schifo. Poi, siccome non si può dire, perché questo è anche un Paese ipocrita, abbiamo discusso di diritto civile, definizioni costituzionali, tutela dei minori. Premettendo sempre che, “se dico così non è per pregiudizi: il mio migliore amico è fr…..mmm.. gay”. Ricordiamoci di questo spettacolino pietoso e anni ’50 se e quando festeggeremo una legge mediocre.