È la regola ben oliata della logistica, della grande distribuzione, del mercato: Chi lavora non è un essere umano: è una variabile, un costo da tagliare, un corpo da sostituire

Il tribunale parla chiaro: «Operai come mere appendici delle macchine». Facili da addestrare, da sostituire, da controllare. È il sistema usato, secondo la procura di Milano, da una filiera di cooperative e società filtro per appaltare lavoro a basso costo, aggirare tasse e contributi, e occultare le responsabilità dello sfruttamento.

Non è solo evasione, è progettazione industriale della disumanità. Le inchieste parlano di algoritmi che dirigono i turni, programmi gestiti direttamente dalle aziende committenti, come già visto con una grande piattaforma internazionale di e-commerce. Il committente non assume, ma comanda. Il lavoratore non lavora, ma si piega al ritmo imposto da un codice informatico.

Gli operai sono trattati come energia da consumare: turni massacranti, attrezzature scadenti, infortuni ignorati. Perché i margini si costruiscono sull’invisibilità e sulla stanchezza altrui.

Le società si difendono, ma intanto lo Stato sequestra 33 milioni e indaga i vertici. E di nuovo, come in decine di inchieste precedenti, si scopre che in Italia lo sfruttamento non è un’eccezione. È la regola ben oliata della logistica, della grande distribuzione, del mercato.

Chi lavora non è un essere umano: è una variabile, un costo da tagliare, un corpo da sostituire. Finché non si rompe. Finché non serve più. Poi si butta.

Non è il lavoro. È un addestramento alla docilità.

Buon venerdì.

 

Foto AS

Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.