I leader europei si riuniscono di nuovo oggi e domani per discutere dell’accordo con la Turchia sui rifugiati. Difficile dire se quello che pochi giorni dopo essere stato contrattato appare come un morto che cammina sia ancora una base sulla quale contrattare. I fattori che rendono l’accordo improbabile e difficile da fa approvare ai 28 sono moltissimi. Alcuni interni alla stessa Unione europea, altri riguardano la legalità e praticabilità delle condizioni ottenute dal premier turco Davutoglu. E l’irritazione generalizzata per quello che diversi leader europei definiscono – con ragione, ma per opportunismo – “il ricatto turco”. Poi c’è il tema vero, quello che riguarda il rispetto delle leggi internazionali: la Turchia è o no un Paese terzo sicuro dove l’Europa può espellere persone in fuga dalla guerra? Il diritto all’asilo dei siriani (e i diritti umani di tutti) sono garantiti in Turchia? Probabilmente no e a Bruxelles sanno che qualsiasi tribunale europeo, la Corte di Giustizia di Lussembirgo o il la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo potrebbero definire l’accordo illegale.
Parlando davanti al Bundesbank Angela Merkel ha difeso l’accordo, attaccato gli Stati d’Europa che hanno chiuso le frontiere per il loro aver agito in maniera egoistica ed unilaterale, ripetendo che la peggior crisi dell’Europa unita si risolve solo affrontandola come Europa. Sia la leader tedesca che il vicepresidente della commissione Timmerman hanno detto: non stiamo dando un via libera alla Turchia.
La commissione intanto, mostra di esistere scrivendo un testo preparatorio che verrà discusso venerdì mattina. Nel testo (qui in inglese) vengono ribaditi tutti i punti della bozza di accordo con Ankara ma per ciascuno vengono fissai dei paletti (liberalizzazione dei visti dopo che la Turchia avrà dato risposte su 72 punti fissati dall’Ue mesi fa, modalità dello scambio di rifugiati un reimpatrio per un siriano in Europa, salvaguardie legali per i richiedenti asilo, modalità di pagamento dei 6 miliardi che l’Europa donerà alla Turchia, ecc.).
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Cosa dice l’accordo con la Turchia e perché è illegale
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Dopo un viaggio a Nicosia e Ankara, il presidente del consiglio europeo Tusk ha dovuto registrare l’irrigidimento di Cipro, pronta a mettere il veto sull’accelerazione del processo di adesione turco. E quindi anche su quello il testo della Commissione frena. Il testo si è reso necessario per frenare le mille preoccupazioni emerse dopo il vertice durante il quale la bozza di accordo è stata contrattata con Ankara, ma non è detto che il quadro che delinea basti a rispondere alle resistenze di alcuni Paesi europei o che non faccia irrigidire i turchi. Ankara è in difficoltà su vari fronti e non vuole dare segni di cedimento, deve vendere l’accordo come un successo.
Diversi problemi vengono da Paesi europei che non sono Cipro e riguardano la crisi dei rifugiati. L’Ungheria di Orban non vuole sentir parlare di redistribuzione dei rifugiati (e con lei ci sono la Polonia, la Repubblica Ceca il cui presidente Zeman ha definito la posizione turca un ricatto. Anche il francese Valls ha usato gli stessi termini. La Bulgaria vuole che l’accordo prevede la possibilità di spedire in Turchia anche i rifugiati che passaranno i suoi confini – che se il passaggio in mare diverrà più difficile, aumenteranno. L’Austria resiste all’idea di una liberalizzazione dei visti temendo un flusso in ingresso e la conseguente crescita della destra xenofoba dell’FPO che fu di Haider in vista delle elezioni presidenziali che si tengono in aprile. Francia e Spagna, che pure non avevano protestato dopo la prima bozza di accordo, oggi resistono: dopo aver subito critiche da parte della sinistra, Rajoy si è fatto più coraggioso in materia di diritti umani. Lo stesso si dica per Hollande, che pure non ha brillato nel rispetto della dignità delle persone nella “Giungla di Calais”.
Preoccupazioni in materia di rispetto dei diritti umani da parte turca sono venute anche dal commissario ai diritti umani del Consiglio d’Europa Nils Muiznieks, che ha anche aggiunto che l’accordo non fermerà i flussi in ingresso. Più netto ancora il giudizio di una lettera ai leader europei scritta da organizzazioni umanitarie e di assistenza ai rifugiati di 20 Paesi diversi (tra cui Oxfam, Save The Children e l’italiana ASGI) che esprimono preoccupazioni sulla qualità legale dell’accordo con la Turchia.
Ci sono due giorni per trovare una via d’uscita. Difficile. Se questa poi sarà adeguata a rispondere alla catastrofe umanitaria e sarà rispettosa dei diritti umani delle persone che fuggono dalal guerra, lo sapremo solo quando leggeremo un testo e vedremo l’eventuale accordo applicato. A giudicare dalle posizioni di diversi Paesi europei e dal comportamento della Turchia non c’è da essere ottimisti. Al confine tra Grecia e Macedonia, intanto, migliaia di persone vivono in un accampamento di fortuna. E altre potrebbero cominciare ad arrivare dalla Libia, stavolta in Italia. Lo ha detto Federica Mogherini. Servirebbe grande coraggio e impegno umanitario. E invece siamo a discutere di visti e soldi con la Turchia.