Il nuovo volto della mafia non è più quello tipico di una volta, raccontato al cinema e in tanta letteratura. Sempre più camaleontiche, capaci di infiltarsi nella società attraverso la corruzione, le organizzazioni criminali e mafiose oggi la fanno da padrone anche nell’alta finanza e in molti settori stratetici, ecco un percorso di letture per cercare di saperne di più. Molti degli autori che qui segnaliamo – da Isaia Sales, a Giuseppe Ayala ed Antonio Calabrò e Francesca Angeli – sono tra i protagonisti di Trame, festival dei libri sulla mafia che si svolge a Lamezia Terme, dal 15 al 19 giugno. Diretto da Gaetano Savatteri l’edizione 2016 del festival (qui il programma completo) presenta in anteprima il rapporto annuale di Ecomafia. Da segnalare – fra molto altro- anche la presentazione dell’atlante dei bambini a rischio a cura di Save the children. Mentre per quel che riguarda i lavori più di carattere letterario sulla mafia, da non perdere l’incontro con Giulio Cavalli che presenta il suo ultimo libro Mio padre in una scatola di scarpe (Rizzoli) con un reading e poi la presenza di Emanuele Trevi con Il popolo di legno e di Maurizio Torchio con Cattivi, entrambi pubblicati da Einaudi. E ancora una interessante finestra sul rapporto fra mafia e Vaticano con uno spazio dedicato a Emiliano Fittipaldi e il suo romanzo inchista Avarizia (Feltrinelli). Mentre Salvatore Striano racconta la propria storia, dopo il carcere e la nuova vita grazie al teatro, ne La tempesta di Sasà (Chiarelettere).
Le mani sulla città. Quelle della mafia. Nel libro Mafie urbanistica, azioni e responsabilità dei pianificatori nei territori contesi alle organizzazioni criminali (Franco Angeli) Daniela De Leo ricostruisce il modo in cui le organizzazioni criminali riescono ad infiltrarsi nel sistema degli appalti e persino della pianificazione urbana. Grazie alla corruzione, ma anche approfittando più semplicemente delle opacità normative, della mancata condivisione delle scelte urbanistiche da parte di chi amministra, per cui poi alle gare non partecipano sempre imprenditori “sani”… Con questa ricerca De Leo sottolinea l’assoluta necessità di indagare, in maniera più sistematica, le relazioni esistenti tra pianificazione urbanistico-territoriale e organizzazioni criminali. Ma racconta anche alcune significative pratiche di contrasto e, soprattutto, ricerche che hanno permesso di porre il problema all’attenzione della comunità scientifica nazionale e internazionale.
Contro la retorica dell’antimafia . Libro scomodo, il nuovo lavoro di Giacomo Di Girolamo, Contro l’antimafia (Il Saggiatore), ha l’impeto di un pamphlet contro la retorica dell’antimafia che ha «finito per rendere la memoria un feticcio, svuotandola di contenuti». Giornalista siciliano che ha vissuto come molti altri della sua generazione ha vissuto la strage di Capaci del 1992 come una «chiamata alle armi», Di Girolamo se la prende con «l’oligarchia dell’antimafia» che finisce suo malgrado per fare il gioco della mafia, ostentando un apparato retorico che nasconde il vuoto di azioni concrete. Autore del libro Messina Denaro, l’invisibile, (sul potente boss di Cosa nostra ancora in libertà), Di Girolamo afferma di non aver mai avuto paura della mafia come oggi, di fronte all’attribuzione di patenti di antimafioso assegnate con troppa leggerezza, di fronte all’impossibilità di fare una critica all’antimafia che storicamente ha avuto grandissimi meriti ma che- accusa oggi il giornalista – « è ridotta alla reiterazione di riti e mitologie, di gesti e simboli». «Questo circuito autoreferenziale, che si limita a mettere in mostra le sue icone nel prete coraggioso, il giornalista minacciato, il magistrato scortato, – scrive Di Girolamo – non aiuta a cogliere le complesse trasformazioni del fenomeno mafioso. In questo modo si insinuano impostori e speculatori. Intorno all’antimafia ci sono piccoli e grandi affari, dai finanziamenti pubblici ai «progetti per la legalità» alla gestione dei beni confiscati, e accanto ai tanti in buona fede c’è chi ne approfitta per arricchirsi, per fare carriera o per consolidare il proprio potere, in nome di un bene supremo».
La mafia non è solo un problema del Sud. E’ in uscita il 10 aprile il saggio di Andrea Leccese Maffia & Co (Armando editore) in cui sono passati a vaglio critico alcuni falsi miti sul fenomeno mafioso. A cominciare dal fatto che riguardi solo il Meridione. “Maffia” è un termine toscano, fa notare Leccese (che nel 2009 ha vinto il premio Paolo Borsellino). Scritto con la doppia effe, fino al secondo dopoguerra, questa parola era usata anche per indicare ostentazione e boria. «Di fatto la mafia non è un problema confinato nell’area che va dalla Sicilia alla Campania ma, sin dalle sue origini, era più esteso», sottolinea l’autore. Nel libro – ecco il punto centrale – la mafia è analizzata come fenomeno imprenditoriale funzionale, sotto certi aspetti, alla società capitalistica stessa; un fenomeno che riesce ad arricchirsi e soprattutto a infiltrarsi nella società anche in periodi di crisi, per esempio finanziando imprese che arrancano e che trovano solo porte chiuse in banca. L’obiettivo della mafia, scrive Leccese, è anche diffondere una cultura “mafiosa” che superi il recinto dei “mafiosi in senso stretto”imponendo il proprio modo di fare affari, il proprio modo di gestire l’economia e le relazioni.
La foto è di Letizia Battaglia ed è esposta nella mostra Anthologica in corso nello spazio Zac a Palermo fino all’8 maggio. La mostra è stata recensita su Left in uscita il 2 aprile
Questo articolo continua sul n. 13 di Left in edicola dal 26 marzo