Renzi, Salvini, Bertone: la giustizia ha smesso di essere un fenomeno collettivo: ormai è uno scalo, un fastidio. Così ognuno diventa in cuor suo federalista delle sue cose (sempre giuste) e xenofobo verso la giustizia degli altri

Matteo Renzi dice che è colpa sua, che se i giudici lo vogliono ascoltare è pronto anche domani mattina. Ci mette la faccia come se fosse la faccia a certificare chissà che garanzia. Non si discute del merito ma, ancora una volta, il presidente del Consiglio fa lo smargiasso trasformando una questione politica in una tenzone personale. E intanto non ci spiega come sia potuto succedere che la decisione di “sbloccare lo sviluppo” abbia fatto sorridere qualche bottegaio senza scrupoli prima che il Paese. Niente di nuovo: ci vuole sorridenti perché lui, a differenza di Letta (suo stesso partito, eh), ha fatto dimettere subito la ministra inopportuna. Non si scusano per averte scelto una classe dirigente con conflitti d’interessi fino al collo, no: si vantano di come poi però l’hanno fatta fuori.

A Milano l’assessora Carmela Rozza (l’assessora più onomatopeica della Giunta Arancione) invece ha deciso di punire un’auto in divieto di sosta con una bella pennellata di vernice bianca (lavabile, eh, che sono lo scriviamo poi si offende) sulla fiancata. “Era un’incivile!” si è giustificata dall’alto della sua civilissima reazione e fa niente se poi per ruolo questa sia una che si trova a decidere per la comunità milanese che rappresenta: ha scritto una lettera di scuse che sembra il rutto di un leone che s’è affrettato a digerire la preda. Il PD milanese ha detto di “passare oltre”: si vede che autoassolversi deve essere una peculiarità di partito.

Matteo Salvini, beh di Matteo Salvini forse si potrebbe anche evitare di fare esempi ma mi ha colpito molto la soluzione che ha proposto per i campi rom: “andiamo lì e gli diciamo che se non hanno soldi devono trovare un lavoro, se hanno soldi in banca devono affittarsi una casa e che se non va bene se ne tornano al loro paese”. Meraviglia: la frase è tranquillamente utilizzabile anche per gli studenti universitari fuori sede o per i pensionati con troppa poca pensione. Almeno è chiaro quali siano i nemici di Salvini: i fragili, semplicemente. Mica i negri o i terroni.

Nel nuovo scandalo finanziario ‘Panama Papers ‘si scopre che anche molti italiani hanno deciso di autotassarsi secondo un regolamento interno che vige tra loro e il loro commercialista. Sono quelli che mentre si fatica nella quarta settimana del mese loro appaiono in televisione per dirci che l’Italia è ripartita. Vero: è andata all’estero. Ma ci è salito solo chi ha potuto comprarsi il biglietto. La giustizia finanziaria italiana è basata su uno strano concetto di equità: più soldi hai per pagare professionisti furbi e meno spendi. Chissà come sono felici i padri costituenti.

Il cardinale Bertone, l’uomo del “cogli l’attico”, ci ha detto che dobbiamo lasciarlo in pace perché ci sono cardinali che rubano più di lui e che hanno abitazioni molto più spaziose. Secondo la sua strana idea di etica e giustizia bisognerebbe arrestarli in ordine discendente partendo dal più grave altrimenti non vale. La tesi del resto è sostenuta anche da molti laici che spesso si difendono dicendo “pensate a quelli che rubano davvero” quando vengono colti sul fatto.

La giustizia in Italia ha smesso di essere un fenomeno collettivo: ormai è uno scalo, un fastidio e non se ne vede più l’utilità. Così ognuno diventa in cuor suo federalista delle sue cose (sempre giuste) e xenofobo verso la giustizia degli altri. È l’ultimo stadio prima del cannibalismo culturale ma anche questo, a guardare bene, comincia già ad essere sopportato per i diversi d’etnia o di gusto sessuale. Insomma si corre a gonfie vele verso una regressione definitiva. Ci manca solo che si rida per la morte altrui. Ah, no. C’è anche quello. Già.

Buon lunedì.