L'associazione Coscioni con l'Aied avanza alcune proposte concrete come la creazione di un albo pubblico dei medici obiettori di coscienza, il varo di una legge quadro che definisca e regolamenti l’obiezione di coscienza, concorsi pubblici riservati a medici non obiettori per la gestione dei servizi di interruzione di gravidanza

Il Consiglio d’Europa condanna l’Italia perché la legge sull’interruzione di gravidanza è disapplicata a causa degli elevatissimi tassi di obiezione di coscienza fra i medici ginecologi, mentre i pochi non obiettori vengono discriminati. «Dopo la condanna del nostro Paese, due anni fa, per la mancata applicazione della legge 194, il comitato europeo per i diritti sociali ha accolto il ricorso della Cgil, in difesa degli operatori sanitari non obiettori. E’ una decisione importante, che sottolinea come la violazione del diritto alla salute delle donne sia strettamente intrecciata con le discriminazioni subite dal personale sanitario non obiettore», commenta il medico ginecologo Anna Pompili, da sempre impegnata in corsia e sulla scena pubblica per la piena applicazione della Legge 194.

Troppo spesso, infatti, negli ospedali in cui la quasi totalità degli operatori ha sollevato obiezione di coscienza, «i non obiettori sono costretti ad occuparsi quasi esclusivamente di interruzioni di gravidanza, con gravi penalizzazioni per la loro professione e per le loro carriere». Le altissime percentuali dell’obiezione di coscienza che in alcune regioni arrivano al 90 per cento dei ginecologi «comportano inoltre lunghi tempi di attesa, con un aumento del rischio di complicazioni, tanto più alto quanto maggiore è l’epoca gestazionale e del rischio professionale per gli operatori stessi», denuncia Anna Pompili.

«Ma il ministro Lorenzin – sottolinea la ginecologa – che si prepara a celebrare la prima giornata dedicata alla salute delle donne, festeggia la riduzione del numero degli aborti, per la prima volta al di sotto dei 100mila l’anno, ignorando gli allarmi che da più parti ci parlano del rischio del ritorno alla clandestinità. La stessa Ministra ci dice arrogantemente che quel 35 per cento degli ospedali italiani nei quali non è possibile abortire non sono un problema e non meritano la visita dei suoi famosi ispettori. Non sarà allora che i clandestini sono loro, la ministra e il suo governo che inasprisce in maniera inaudita le sanzioni per gli aborti clandestini, senza preoccuparsi delle possibili conseguenze per la salute delle donne?» E non sarà tempo , per le donne italiane, di uscire dall’isolamento delle mura domestiche entro le quali si manda giù un pugno di pasticche comprate via internet, ritrovando invece la forza di una risposta collettiva che sappia imporre il rispetto del diritto alle scelte riproduttive? Magari insieme agli operatori sanitari che hanno scelto di occuparsi a tutto tondo della loro salute, e che chiedono rispetto per la dignità di questo loro lavoro».

«Ancora una volta l’Italia conquista maglia nera d’Europa in tema di diritti» constata amaramente Mirella Parachini, ginecologa e attivista dei Radicali italiani. «La decisione del Consiglio d’Europa dimostra quello che diciamo da tempo, che negli ospedali del nostro Paese siano sistematicamente violati sia il diritto alla salute delle donne, che non riescono ad accedere all’interruzione di gravidanza, che i diritti dei medici non obiettori che ogni giorno, con il proprio lavoro, cercano di far rispettare la legge 194». Violazioni che il Consiglio d’Europa aveva già denunciato con una sentenza emessa due anni fa.

Anche allora L’associazione Luca Coscioni aveva contribuito con osservazioni depositate al Comitato per i diritti Sociali del Consiglio di Europa. «Nonostante ciò – rileva il segretario dell’associazione, l’avvocato Filomena Gallo – non solo il governo ha continuato a fare finta di nulla, ma dal 15 gennaio scorso ha perfino inasprito le multe per le donne che, non riuscendo a interrompere la gravidanza per mancanza di medici non obiettori, sono costrette a rivolgersi a strutture non accreditate o a medici non autorizzati. Un provvedimento che riporta l’Italia a un clima pre-194 e non considera che il ritorno dell’aborto clandestino è diretta conseguenza del dilagare dell’obiezione di coscienza».

Per questo l’associazione Coscioni con l’Aied avanza alcune proposte concrete come la creazione di un albo pubblico dei medici obiettori di coscienza, il varo di una legge quadro che definisca e regolamenti l’obiezione di coscienza, concorsi pubblici riservati a medici non obiettori per la gestione dei servizi di interruzione di gravidanza, l’impiego di medici “a gettone” per sopperire urgentemente alle carenze dei medici non obiettori e infine una deroga al blocco dei turnover nelle Regioni dove i servizi di interruzione di gravidanza sono scoperti. In modo, conclude Filomena Gallo da «garantire la piena applicazione della legge 194, senza ledere il diritto delle donne che decidono d’interrompere la gravidanza e quello dei medici che decidono di obiettare non è difficile: Un obiettivo raggiungibile, basta volerlo fare».